Salvini ha pubblicato delle dichiarazioni di Domenico Dolce, che mi danno modo di parlare di un tema sottovalutato: l'omofobia interiorizzata.
Matteo Salvini, dopo aver strumentalizzato l’omicidio di Sharon Verzeni per la battaglia razzista che porta avanti contro lo ius scholae, dev’essersi trovato a corto di argomenti, così ha pensato bene di (ri)pubblicare una vecchia dichiarazione di Domenico Dolce, che risale al 2015.
Voi vi chiederete: com’è possibile che Salvini, notoriamente omofobo, abbia postato (per ben due volte) le frasi di un gay dichiarato, che non ha mai fatto mistero della propria omosessualità? Semplice: il gay in questione, evidentemente, è più omofobo di Salvini stesso. E cosa c’è di più inattaccabile di un omosessuale che discrimina gli omosessuali, in nome della natura e della famiglia tradizionale? Assolutamente nulla. Questo, almeno, è quello che crede Salvini.
Dolce ha detto: «Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non deve esserci. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. Una di queste è la famiglia». Nell’intervista completa, rilasciata a Panorama – come dicevo – nel 2015, Dolce aggiungeva: «Sono siciliano e sono cresciuto con un modello di famiglia tradizionale. È giusto che esistano altre realtà, ma nella mia visione questo è quello che mi è stato trasmesso».
Analizziamo le parole di Domenico Dolce
Proviamo a esaminare le parole di Domenico Dolce, dalla prima all’ultima. Lui sostiene di essere omosessuale, dunque, conseguentemente, di non poter avere un figlio: ecco la prima falla. Un uomo gay non può FARE un figlio in maniera naturale, se non attraverso la gestazione per altri, ma non è vero che non possa avere un figlio. Non può in Italia, dove non esiste il matrimonio egualitario, dunque la possibilità di adozione, ma un gay può avere un figlio, eccome. L’omosessualità non qualifica la persona, dunque non determina la capacità o l’incapacità di un uomo di essere un buon padre. Il binomio omosessualità – sterilità, inoltre, racconta un mondo vecchio, stantio, dove all’omosessuale è concesso, al massimo, di esistere, ma non di desiderare addirittura di essere padre.
Dolce, infatti, lo conferma nella frase successiva, quando sostiene che «non si possa avere tutto dalla vita»: il sottinteso è che si debba mettere da parte il proprio egoismo e non avere pretese perché «la vita ha un suo corso naturale»: dunque, se tanto mi dà tanto, se ci sono «cose che non vanno modificate» in nome della natura, allora le famiglie eterosessuali che non possono avere figli non devono ricorrere all’adozione o a cure mediche per una gravidanza che – evidentemente – la natura non prevede. Del resto, lo dice lui: «Se una cosa non c’è, vuol dire che non deve esserci». Poi, per peggiorare il tutto, dà la responsabilità delle sue idee alle sue origini siciliane, che gli hanno «trasmesso questo».
Cos’è l’omofobia interiorizzata?
Salvini ha pubblicato le dichiarazioni di Dolce considerandole certamente valide, visto che si tratta di un uomo gay. Il punto è che si pensa, erroneamente, che un omosessuale non possa essere omofobo. E invece non è affatto così: esistono gay contro altri gay. Ma non sono colpevoli, bensì vittime.
Si tratta di omofobia interiorizzata, ovvero un insieme di sentimenti negativi che i gay provano nei confronti dell’omosessualità propria o degli altri. Questi sentimenti nascono dall’accettazione passiva, spesso inconsapevole, dei pregiudizi tipici della cultura omofoba in cui sono nati e cresciuti. È come se gli omosessuali omofobi avessero assorbito la cultura dell’ambiente socio-culturale in cui sono venuti al mondo e non riuscissero più a liberarsene. Per questo, quindi, ci sono gay che sono contrari alla genitorialità per gli omosessuali. Insomma, ci sono gay che parlano come chi li ostacola, umilia, offende, esclude, prevarica e discrimina. Parlano come se, ottenendo dei diritti, perdessero qualcosa.
E in qualche modo è proprio così, perché gli omosessuali omofobi, nel momento in cui non vengono più emarginati, devono imparare a fare la cosa più difficile: non emarginarsi. Devono fare pace con se stessi e con i pregiudizi che hanno accettato passivamente. Non dobbiamo combattere i gay che combattono i gay, ma la cultura che lo permette.