"Il vaso di Pandoro" è il libro che Selvaggia Lucarelli ha scritto per analizzare il fenomeno dei Ferragnez: ecco la nostra recensione.
A proposito di Chiara Ferragni, ho sempre pensato – con una certa superficialità, probabilmente – che non sapesse fare assolutamente nulla e che il suo personaggio fosse totalmente vacuo, inespressivo, un (bellissimo) contenitore pieno zeppo, stracolmo, strabordante di niente.
Insomma, ho sempre creduto che non avesse alcun tipo di talento, dunque alcun tipo di merito per un successo tanto spropositato. Tuttavia, mi dicevano «È un’imprenditrice», «Può stare antipatica, ma non si può negare che sia una grande lavoratrice», «Come si fa a negare che abbia costruito un impero grazie al suo talento?». Allora mi sono messo in dubbio, mi ripetevo «Evidentemente non ho la competenza e gli strumenti per capire le sue capacità». E ammetto che, un po’ per pigrizia e per mancanza di curiosità, l’ho creduto per un po’.
Ogni tanto chiedevo «Ma cosa sa fare esattamente?», senza mai dimenticare di aggiungere «Non ce l’ho con lei, è solo che non capisco», ché è un attimo che ti accusano di invidia sociale. E la risposta è sempre stata «È un’intuitiva». Ci ho creduto fiaccamente fino all’inchiesta di Selvaggia Lucarelli. Da lì in poi, è cambiato tutto. Ma non solo per quello che l’inchiesta ha portato alla luce, ma soprattutto per la gestione di quello che è avvenuto dopo: i Ferragnez, che sembravano due iceberg, si sono rivelati due cubetti di ghiaccio e, al primo sole, si sono sciolti.
Il vaso di Pandoro: il libro necessario di Selvaggia Lucarelli
E poi è arrivato il libro di Lucarelli, che ho letto con una certa presunzione, lo ammetto, perché pensavo «Tanto so già tutto». E invece, e questo è il merito de Il vaso di Pandoro, tutto quello che sapevo è stato sezionato chirurgicamente e mi ha rivelato una cosa fondamentale: sapevo senza sapere. Per intenderci, ero certo che Chiara Ferragni non avesse alcun talento, ma la mia convinzione non aveva fondamenta, era una percezione, facciamo pure un pregiudizio (non tanto verso di lei, quanto verso il mondo artificiale e impalpabile degli influencer).
Il libro scava, porta alla luce e analizza tutto: i Ferragnez, da che erano un impero sacro e inviolabile, alla fine diventano due persone fragili, frangibili, vittime di se stesse, due piccoli Icaro che gravitano intorno a un sole che pensavano li avrebbe illuminati per sempre, ma che invece li ha bruciati. Quel sole è la loro vita. Anzi, la narrazione che hanno fatto della loro vita. Anzi, specifico, la narrazione della loro vita che tutti abbiamo permesso: i giornalisti in primis, perché non hanno mai parlato di loro con spirito critico, ma con fare reverenziale, e poi la gente comune, a volte anche solo con un semplice like alle foto dei loro bambini, perché «Leo e la Vitto sono troppo carini».
Il vaso di Pandoro è un libro necessario, che ha la capacità di essere tecnico ma accessibile a chiunque, utile a chi ha sempre seguito i Ferragnez, facendo la loro fortuna, ma ancor di più a chi ha sempre detto «Ma chi se ne importa di loro, ci sono cose più importanti di cui parlare», accrescendo, senza accorgersene, ancora di più la loro fortuna. È un libro che analizza in modo capillare il fenomeno dei Ferragnez (dal loro primissimo incontro fino alla caduta rovinosa), ma che lascia spazio alla riflessione, allo spirito critico del lettore. È un viaggio, una ricostruzione fedele di tutto quello che è successo, ma soprattutto di quello che non abbiamo visto mentre succedeva. È un libro che umanizza Ferragni e Fedez, perché toglie l’aura di sacralità che li ha sempre avvolti e preceduti, e ne restituisce un’immagine inaspettata, imperfetta. Umana, appunto.
Il vaso di Pandoro non parla (solo) dei Ferragnez, ma di un sistema: lo smonta pezzo per pezzo, ne esamina il marcio e, quando va per rimontarlo, è il lettore stesso a comprendere che non è più possibile, che non è mai stato possibile. Si è trattato sempre e solo di un grande, incomprensibile bluff: i Ferragnez, che sono il brand di loro stessi, ci hanno venduto il loro patinatissimo nulla. E così, al primo inciampo, si sono smaterializzati: il vaso di Pandoro è stato aperto e non è possibile richiuderlo.