Beatrice Venezi cosa ha detto su Mia Martini e perché si è paragonata a lei: la direttrice d'orchestra la spara grossa un'altra volta
Beatrice Venezi ne ha dette tante nella sua vita, ma oggi la spara grossa decidendo di scomodare il mito di Mia Martini e la sua storia.
A partire dal 16 aprile, la direttrice d’orchestra sarà la protagonista di “Voci fuori dal coro”, un programma disponibile su RaiPlay e RaiPlay Sound. Questo programma avrà come obiettivo quello di mettere in luce otto compositrici che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica, sfidando gli stereotipi e gli schemi consolidati.
In vista del debutto del programma, la direttrice d’orchestra ha concesso un’intervista al Corriere della Sera, durante la quale ha anche affrontato le critiche ricevute in passato. In particolare, ha risposto a una domanda riguardante se sia più imperdonabile essere donna o di destra, adottando una posizione decisa: «È un bel match. Ma credo che sia più imperdonabile essere conservatori, o di destra, come dice lei». Questa risposta è stata data a Renato Franco durante un dialogo che ha affrontato il suo modo di reagire alle contestazioni.
«Io come Mia Martini, mi temono»
Beatrice Venezi espone una prospettiva affilata riguardo alle critiche che affronta nel suo campo professionale. Sottolinea che il gioco è sempre lo stesso: attaccare il proprio nemico sulla base della sua competenza tecnica, cercando di minare una preparazione accumulata nel corso di decenni di duro lavoro.
Le sue parole richiamano il triste destino di Mia Martini, vittima di un’accanita critica che, secondo Beatrice Venezi, contribuì alla sua tragica fine. Tuttavia, la direttrice d’orchestra suggerisce che dietro questo accanimento nei suoi confronti si nasconda una forma di timore.
«Il gioco è sempre lo stesso: distruggere il proprio nemico attaccandolo sulla sua competenza tecnica, cercando di smontare una preparazione costruita in decenni – studio da quando ho 6 anni e da 12 lavoro come direttore d’orchestra. È il meccanismo Mia Martini: a forza di dire che portava sfiga sappiamo la fine tragica che ha fatto. Ma penso che se c’è questo accanimento nei miei confronti in definitiva mi temono».
La paura non c’entra: ecco tutte le cose che ha detto Beatrice Venezi
Un episodio passato che ha scatenato dibattiti riguarda l’autodefinizione di Beatrice Venezi come “direttore d’orchestra” (al maschile), argomento su cui è tornata di recente. Venezi ha affrontato le critiche riguardanti la sua scelta di preferire il termine maschile “direttore” o “maestro” anziché il femminile corrispondente. Ha menzionato il commento di Laura Boldrini, che aveva sostenuto che questa scelta dimostrasse una mancanza di autostima.
Tuttavia, Venezi ha respinto queste critiche, sottolineando che il femminismo dovrebbe concentrarsi su questioni concrete e sostegno alle istanze femminili, anziché essere ridotto a dispute linguistiche. Ma non è esattamente così.
L’importanza di riconquistare il genere femminile nei ruoli di leadership è cruciale per diversi motivi che vanno oltre la semplice questione di parità di genere. Negli ultimi decenni, molte donne hanno sfidato le convenzioni sociali e hanno conquistato posizioni di prestigio in campi professionali che un tempo erano riservati principalmente agli uomini. Un esempio eclatante di questa tendenza è Beatrice Venezi, una direttrice d’orchestra di fama internazionale.
La scelta di Venezi di farsi chiamare “direttore” anziché “direttrice d’orchestra” solleva interrogativi importanti e mette in luce il tema della rappresentanza di genere nei ruoli professionali. L’uso di termini neutri dal punto di vista di genere, come “direttore”, può sembrare un tentativo di promuovere l’uguaglianza, ma rischia di perpetuare l’idea che il genere maschile sia la norma.
In realtà, è fondamentale riconoscere e celebrare le donne che si distinguono in professioni che tradizionalmente erano dominio maschile. Utilizzare il termine “direttrice d’orchestra” non solo rende giustizia alla specificità del ruolo e alle conquiste delle donne in questo campo, ma invia un potente messaggio alle future generazioni, dimostrando che le donne possono eccellere in qualsiasi ambito lavorativo.
È importante sottolineare che il rifiuto di utilizzare il termine al femminile non è solo una questione grammaticale, ma riflette una profonda radice culturale legata a stereotipi di genere radicati nella società. Questa resistenza a includere il genere femminile nei titoli professionali sminuisce l’importanza delle donne nei ruoli tradizionalmente considerati maschili.
Promuovere l’uso di termini specifici al femminile, oggi, è essenziale per onorare il ruolo e le conquiste delle donne in vari ambiti professionali, oltre a promuovere un’immagine di uguaglianza e inclusione nella società. Le donne che si dedicano a professioni che un tempo erano riservate esclusivamente agli uomini sfidano gli stereotipi di genere e aprono la strada per una maggiore diversità e inclusione nella società.
Beatrice Venezi, come figura di spicco nel suo campo, avrebbe il potenziale per giocare un ruolo significativo nell’aprire la strada a nuove generazioni di donne direttrici d’orchestra, promuovendo un cambiamento culturale che riconosca e valorizzi il contributo delle donne in ogni ambito della vita professionale. E no, la storia di Beatrice Venezi non ha nulla a che fare con quella di Mia Martini.