Il discorso integrale di Paola Cortellesi alla LUISS: ecco perché le fiabe di Biancaneve e Cenerentola sono insite di sessismo tossico VIDEO
Paola Cortellesi, reduce dal successo nelle sale del suo debutto da regista con C’è ancora domani, ha tenuto un discorso molto importante e incisivo, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università Luiss: l’attenta analisi sulle fiabe di Biancaneve e Cenerentola, incentrata sul tema del sessismo, ha destato notevole interesse e ha generato diverse polemiche.
La trascrizione completa del monologo di Paola Cortellesi offre un quadro dettagliato delle sue argomentazioni. L’attrice ha affrontato con profondità e sensibilità la questione del ruolo delle donne nelle fiabe, sottolineando come spesso queste narrazioni tradizionali perpetuino stereotipi e modelli culturali limitanti per le donne.
Nel corso del suo intervento, Cortellesi ha esplorato le radici culturali dei racconti di fiabe, evidenziando come molte di queste storie abbiano contribuito a plasmare consuetudini e aspettative sociali. Ha analizzato criticamente il modo in cui il sessismo è insito in molte di queste narrazioni, proponendo una riflessione sulle possibili implicazioni culturali e sociali di tali rappresentazioni.
Il discorso ha rappresentato un momento significativo di dibattito e riflessione sulla necessità di ridefinire e riscrivere le narrazioni tradizionali in modo da abbracciare una visione più inclusiva e rispettosa della diversità di genere. L’invito a una maggiore consapevolezza e ad una revisione critica delle storie che raccontiamo e tramandiamo ha sicuramente alimentato il dibattito sulla rappresentazione delle donne nei media e nella cultura popolare.
Il discorso di Paola Cortellesi perché le fiabe di Biancaneve e Cenerentola sono insite di sessismo tossico
Di seguito la versione integrale della critica mossa da Paola Cortellesi alle fiaba di Biancaneve e Cenerentola:
«Cenerentola e Biancaneve narrano di giovani sprovvedute, dotate di rara bellezza e di un’ingenuità disarmante (ai limiti della patologia), che subiscono angherie di ogni genere da altre donne malvagie. Quindi la matrigna sfrutta Cenerentola, ragazza bravissima nelle faccende domestiche (che solitamente svolge cantando). E la matrigna tiene nascosta l’avvenenza della ragazza al principe. Ma grazie a una magia, a Cenerentola basta presentarsi in tutto il suo splendore per un paio d’ore perché il principe se ne innamori perdutamente. La matrigna la tiene nascosta ma lui, scaltro, la ritrova e la riconosce… perché l’aveva vista? No: perché ha i piedi sproporzionatamente piccoli… Comunque alla fine lui la salva e la sposa. Questa era la prima cattiva, la matrigna»
Con questo spezzone Paola Cortellesi mette in evidenza la gestione della colpa nella società che viene sempre imputata alle donne, mentre all’uomo non resta altro che sopperire o all’ingenuità o alla cattiveria del ”gentil” sesso.
«La regina di Biancaneve è ancora più canaglia perché lei è di fatto la mandante del tentato omicidio di Biancaneve. Perché lo fa? Perché lei vuole essere la più bella del reame. Quindi anche con l’aggravante dei futili motivi… Tentato omicidio perché il cacciatore, uomo coraggioso e di buon cuore, non ce la fa. Anche perché la ragazza è troppo bella. È bella. Fosse stata una cozza, al limite l’avrebbe squartata, ma è così bella… E poi è ingenua, perché proprio è ingenua come un cucciolo di labrador. E lui la lascia andare. Allora Biancaneve incontra i Sette Nani, presso i quali si adopera per un periodo come colf. Poi, nonostante le mille raccomandazioni, anche dei Sette Nani, Biancaneve si fida di una vecchia orrenda, con l’aspetto da strega e che infatti è la strega. Morde la mela avvelenata, muore. Risorge grazie a chi? Al principe. A un bacio del principe, che se ne innamora perdutamente perché? Perché è bella. Quindi il principe la salva e la sposa. Ecco, entrambe le ragazze, bellissime – per carità – ma un po’ stralunate, trovano la loro realizzazione nel matrimonio con il principe. Un estraneo. Un estraneo che sposano subito, senza pensarci, senza nemmeno esserci uscite una volta a cena».
Paola Cortellesi pone l’accento sulla ”cultura della bellezza”, unico talento da poter affibbiare alle donne e unico merito per essere ritenute salve e salvabili. Per la bellezza le donne cattive uccidono e per la bellezza le donne ingenue vengono salvate dagli uomini.
E poi c’è l’amara questione del ”lieto fine”: ad una donna non resta che augurarsi di essere scelta (per la sua bellezza) e presa in moglie da un uomo.
Le fiabe sono sessiste e chi non è d’accordo non ha chiara la realtà. Le fiabe sono sessiste e sono lo specchio copia carbone della società che ha educato le donne alla dipendenza e gli uomini al potere. E oggi è importante vedere, analizzare, distruggere e ricominciare. Dalle fiabe, come dalle leggi, dalla tv finendo ai giornali, dalle case alle scuole: dove le donne sono considerate ingenue principesse da salvare, ossia ovunque.