Elena Cecchettin come Maria De Filippi, fosse stata un uomo sarebbe andata diversamente

Elena Cecchettin, sorella di Giulia, trattata come Maria De Filippi, Selvaggia Lucarelli e molte altre donne prima di lei: ecco perché

Elena Cecchettin, sorella di Giulia (penultima vittima di femminicidio in Italia) continua ad essere investita da critiche e aspri commenti per il modo in cui sta gestendo il suo lutto e non solo. Prima di lei a ricevere lo stesso trattamento era stata Maria De Filippi. Ma non sono pochi gli esempi di donne a cui è stato richiesto di aderire ad un’espressione canonica e comunemente accettata del dolore. Tra i vari esempi ci viene di pensare al caso di Selvaggia Lucarelli, che aveva deciso di presenziare a lavoro dopo la morte della madre o la stessa Milly Carlucci che ha condotto una puntata di Ballando ”nonostante” il lutto di uno dei due genitori.

Ma cerchiamo di capire insieme perché i commenti ricevuti da queste donne sono una chiara dimostrazione di mancata empatia, ennesima espressione del patriarcato e perché la loro scelta non andrebbe mai e poi mai commentata, né tantomeno criticata. Sopra ogni cosa, intanto, sarebbe un risultato auspicabile non dover commentare la gestione del dolore degli altri. La sofferenza di Elena Cecchettin, come quella di Maria De Filippi e come quella di chiunque, non è merce opinabile o oggetto di considerazioni esterne.

Maria De Filippi come la sorella di Giulia Cecchettin

Alla morte di Maurizio Costanzo, non sono stati pochi i commenti rivolti all’apparente freddezza di Maria De Filippi. Il suo sorriso di circostanza, durante il funerale del marito, non è stato risparmiato, né la disponibilità a fare dei selfie con alcuni fan, né il suo ”immediato” rientro a lavoro. Lo stesso identico e inopportuno scetticismo è quello che sta investendo il dolore della sorella di Giulia Cecchettin, accusata (tra le righe) di non star soffrendo come dovrebbe.

Elena Cecchettin, come Maria De Filippi, rappresenta una serie di cose che sono difficili da digerire per la società patriarcale: si tratta soprattutto di una donna e una familiare che sta vivendo un lutto in maniera attiva. Tutti elementi che danno fastidio al patriarcato e ai suoi esponenti consapevoli o meno.

Ma non solo quel che è risulta un problema. Lo è anche quello che non è. Elena Cecchettin non rappresenta l’immaginario canonico della sofferenza. Al pianto pubblico o al silenzio ha sostituto la forza delle parole. Al posto della disperazione (che comunque vive) ha dato spazio alla rabbia costruttiva, legittima e necessaria.

Se si fosse trattato di uomini sarebbe andata diversamente

Un’altra analisi che ci preme sottolineare è il fatto che se Elena Cecchettin, Maria De Filippi, come anche Selvaggia Lucarelli o Milly Carlucci, fossero state degli uomini, la reazione e il trattamento generale del loro dolore sarebbero stati differenti.

Intanto perché agli uomini è richiesto per status compostezza, non è accettato che mostrino disperazione e sofferenza. Subordinati anche loro all’immaginario tossico, di cui sono vittime e colpevoli, della mascolinità tossica. Un uomo che reagisce con apparente forza ad un lutto è considerato degno di rispetto. Una donna, invece, viene vista con sospetto. 

Suggerimento: quando avete un dubbio, chiedetevi sempre cosa sarebbe cambiato se, al posto della donna criticata in questione, ci fosse stato un uomo. Rende sempre e garantisce il risultato.

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