Modà, l’ex tastierista arrestato per pedofilia: ecco lo scandalo che colpì il gruppo musicale

Cosa è successo con l'ex tastierista dei Modà condannato per pedofilia nel 2014? Tutti i dettagli a seguire nell'articolo!

Non molti sanno dello scandalo che ha investito i Modà nel 2014: il tastierista del gruppo, Paolo Bovi, all’epoca 40enne, è stato arrestato con l’accusa di pedofilia.

Leggi anche: Modà, è morto uno dei componenti o si tratta di una fake news? Finalmente la verità

Il musicista è stato posto inizialmente sotto custodia cautelare domiciliare, con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Oltre a essere il tastierista della nota band, infatti, Bovi era anche un educatore in una chiesa della provincia milanese. Le violenze contro i minori si sarebbero perpetrate all’esterno della struttura nel 2011. Le vittime erano ragazzini compresi fra i 13 e i 16 anni.

L’ex tastierista dei Modà arrestato per pedofilia

Paolo Bovi nel 2014 è stato accusato di pedofilia; l’ex tastierista dei Modà è stato posto agli arresti domiciliari con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Stando a quanto riporta il Corriere della Sera dell’epoca, oltre a essere un musicista, Bovi era anche un educatore:

Dal 2005 è passato dietro il palco come fonico della band seconda nel 2011 e terza nel 2013 al festival di Sanremo. Bovi, che con il leader, Kekko, fondò la band in un oratorio, come animatore di una parrocchia è indiziato di avere molestato nel 2011 quattro ragazzini fra i 13 e i 16 anni.

Le violenze

Paolo Bovi frequentava da anni la parrocchia a cui era rimasto legato nonostante il successo dei Modà. L’ex tastierista del gruppo, infatti, aveva all’interno dell’ateneo religioso un ruolo di educatore e animatore; stando a quello che riportano le indagini, le violenze erano state perpetrate ai danni di ragazzi fra i 13 e i 16 anni e non si sarebbero consumate all’interno della struttura, bensì in altri luoghi dove il tastierista dei Modà aveva attirato le sue vittime.

Il campeggio

Le violenze da parte di Paolo Bovi nei confronti dei ragazzi sarebbero avvenute nel corso di una gita in campeggio, nella Val d’Aosta. I fatti risalgono al 2011, ma la denuncia formale è stata presentata dai genitori delle vittime solo due anni dopo. Le indagini, infatti, sono iniziate dopo i lamenti di un bambino che ha confidato alla madre e al padre ciò che era successo con l’ex tastierista dei Modà. Secondo quanto si apprende dalle confessioni, gli abusi erano una sorta di punizione richiesta da Bovi.

Il tentativo di suicidio

Il musicista, condannato per pedofilia nel 2014, aveva manomesso il braccialetto elettronico mentre si trovava in stato di custodia cautelare domiciliare e si era allontanato da casa con l’obiettivo di suicidarsi. Era dunque salito sulla sua macchina, collegando una canna di gomma al tubo di scappamento dell’auto. Nonostante tutto, però, il segnale mandato ai Carabinieri dal suo braccialetto fece in modo che gli ufficiali lo trovassero e lo salvassero.

La confessione e l’arresto

Nel 2015, poi, l’ex tastierista dei Modà è stato condannato a 5 anni e mezzo di carcere per le molestie sessuali ai danni dei minori. Durante le perquisizioni, poi, è spuntata fuori una lettera aperta, trovata a casa del fratello di Paolo Bovi, che è suonata a tutti sia come una confessione che come una vera e propria richiesta d’aiuto:

Purtroppo sono ammalato di pedofilia: l’ho capito quando per la prima volta alle superiori ho sentito quella parola e l’ho cercata sul vocabolario. Sono malato da tantissimo tempo, per quello che riesco a ricordare già dalle scuole medie. Sono sempre stato un bambino sensibile, dolce e sincero ed ho sempre creduto che ogni cosa che dicevano papà e mamma erano la verità. Per me quello che mi dicevano i miei genitori era la cosa più importante, sono sempre stato buono e volevo conoscere il mondo come tutti.

Le testimonianze

Una delle vittime, in aula, ha raccontato cosa succedeva con l’ex tastierista dei Modà:

Non mi sentivo in grado di dire di no, perché ho sempre seguito i suoi consigli anche in campeggio e gli sono sempre andato dietro: non era uno sconosciuto ma lo sentivo come un fratello grande del quale fidarmi ciecamente. Mi sono sentito tradito e poi ho compreso che era successa una cosa gravissima.

In questo caso in particolare, il 13enne raccontò che le violenze si consumarono  nello studio di registrazione di Bovi a Cassina de ‘Pecchi, nella provincia di Milano. Secondo l’accusa, infatti, Paolo Bovi costringeva le sue vittime a bere rum e togliersi un capo di abbigliamento alla volta. Sempre il ragazzino all’epoca raccontò quanto segue:

Ricordo che dopo tanto rum mi girava la testa e mi veniva da ridere, a quel punto lui ha detto che si toglieva le mutande e io dovevo togliere sia i pantaloncini che le mutande.

(Clicca su una delle 2 foto)
Seguici su Instagram