I delitti del mostro di Firenze hanno portato gli inquirenti a indagare verso la pista di probabili mandanti per gli omicidi delle otto coppie
I delitti del mostro di Firenze hanno terrorizzato la zona intorno al capoluogo toscano per ben oltre un decennio, tra gli anni settanta e ottanta. Tra le piste degli inquirenti, per identificare chi uccise ferocemente le otto coppiette, venne seguita quella dei mandanti. Scopriamo di più su una storia entrata a pieno titolo nei misteri italiani, tra depistaggi e cospirazioni.
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Mostro di Firenze: chi sono i mandanti?
L’inchiesta avviata dalla procura di Firenze ha portato alla condanna in via definitiva nel 2000 di due uomini identificati come autori materiali di quattro duplici omicidi, i cosiddetti compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti (reo confesso). Il terzo, Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli per i duplici omicidi commessi dal 1974 al 1985 e successivamente assolto in appello, è morto prima di essere sottoposto a un nuovo processo di appello.
Le procure di Firenze e Perugia sono state impegnate in numerose indagini per individuare i responsabili esecutori materiali per quattro duplici omicidi. Durante le ricerche sono emerse alcune tracce che hanno condotto gli inquirenti a ipotizzare l’esistenza di mandanti dei delitti. Ipotesi basate su alcune dichiarazioni di Lotti, secondo cui i feticci estratti dai corpi femminili sarebbero stati comprati da un ignoto dottore. Il ritrovamento accanto ai corpi delle vittime di una piramide tronca in granito colorato, considerata un simbolo esoterico, ha portato gli investigatori a pensare anche al mondo delle sette sataniche.
Frequentazioni di Pacciani
Le amicizie di Pacciani e Vanni durante gli anni degli omicidi alimentarono un filone d’inchiesta su possibili moventi esoterici e riti legati al satanismo alla base dei delitti. I due frequentavano un cartomante, Salvatore Indovino, presso una cascina situata nelle campagne di San Casciano, dove, a detta di molti, si consumavano orge e riti collegabili all’occultismo. Durante le perquisizioni eseguite dalla Polizia di Stato a casa di Pacciani sono stati trovati almeno tre libri ricollegabili alla magia nera e al satanismo. La pista esoterica si riallaccia anche alle grosse somme di denaro delle quali Pacciani entrò in possesso negli anni dei delitti, da cui nacque l’idea che i compagni di merende agissero per conto di personalità rimaste ignote e interessate a ricavare feticci dai corpi mutilati.
Condanne per i compagni di merende
Le sentenze che condannano i compagni di merende si sono basate principalmente sulle tanto discusse testimonianze di Lotti. Ciò ha impedito l’individuazione di un movente organico e globale, valido per tutti i delitti. Infatti Lotti, prima di accennare al misterioso dottore, aveva cambiato più volte versione sui motivi per cui Pacciani e Vanni avessero ucciso. Inizialmente Lotti, nel 1996, ha dichiarato:
i delitti erano stati atti di rabbia per approcci sessuali che le vittime avrebbero respinto.
Invece un anno più tardi, ha fornito un’altra versione sul movente, affermando che la volontà di Pacciani sarebbe stata quella di uccidere per poi dare da mangiare i feticci alle figlie. Il dibattito sull’attendibilità di Lotti rimane aperto nell’opinione pubblica, nonostante il suo intervento sia stato decisivo per ottenere sentenze giudiziarie definitive sulla vicenda.
Nel 2010 l’ex procuratore capo di Firenze, Pier Luigi Vigna, si è dichiarato scettico sull’esistenza di un possibile secondo livello di mandanti, a dimostrazione del fatto che le inchieste successive a quelle dei compagni di merende non abbiano avuto sviluppi. Anche Piero Tony, sostituto procuratore generale al processo d’appello contro Pacciani, definì ironicamente:
aria fritta l’ipotesi dei mandanti.
Come hanno incastrato Pacciani?
Dopo l’ultimo omicidio della serie, quello del 1985, le indagini degli inquirenti proseguirono ma, fino al 1991, non ci furono sviluppi significativi. Venne istituita la SAM, la Squadra Anti-Mostro, un pool di forze dell’ordine che indagava esclusivamente sugli omicidi del mostro dal 1984, con al timone il poliziotto Ruggero Perugini. Pietro Pacciani diventò il primo sospettato nel 1991, proprio durante la sua permanenza in carcere per la condanna per stupro nei confronti delle sue due figlie. Fu una lettera anonima risalente al 1985 a indirizzare gli inquirenti verso le indagini su di lui. Il pool di Perugini, oltre alla lettera anonima, aveva il nome di Pacciani schedato nel computer fra le molte persone aventi le caratteristiche per essere l’assassino seriale.
Chi era Pacciani?
Soprannominato il Vampa per via del suo carattere irascibile e per i suoi trascorsi giovanili come mangiafuoco per le fiere paesane Pietro Pacciani è stato descritto come un uomo collerico, depravato e brutale, indipendentemente dalle accuse riguardanti i delitti del Mostro di Firenze. Nel 1951, a 26 anni, uccise l’uomo con cui aveva sorpreso la fidanzata di allora, Miranda Bugli, in atteggiamenti intimi. Dopo il delitto aveva costretto la ragazza a avere con lui un rapporto sessuale accanto al cadavere. Venne arrestato e durante il processo ha dichiarato qualcosa che lo avrebbe in seguito ricondotto ai delitti del mostro di Firenze.
Pacciani aveva confessato, infatti, che la follia omicida in lui era scattata dopo avendo visto Miranda denudarsi il seno sinistro (lo stesso che negli ultimi due delitti venne asportato alle vittime femminili del pluriomicida). Per quell’omicidio è stato condannato a 13 anni di carcere che ha scontato interamente in carcere. L’analogia di questo delitto con quelli del mostro sarà il principale indizio e l’intuizione regina che porteranno gli inquirenti a indagare seriamente su Pacciani.
Nel corso delle indagini gli investigatori si sono convinti della tesi che Pacciani possa essere il serial killer: avrebbe ucciso le coppie per rivivere, da vincitore, il delitto del 1951, accanendosi sulla donna, simbolo dell’ex-fidanzata che l’ha tradito.
Gli indizi contro Pacciani
Gli indizi che portavano le indagini a Pacciani come colpevole erano parecchi:
- scriveva la parola Repubblica con una sola B, così come come scritto nella busta col lembo di seno inviata dall’assassino nel 1985;
- aveva scritto su un foglio un numero di targa di un’auto appartenente a una coppia che si appartava nella zona degli Scopeti, luogo del delitto del settembre 1985;
- possedeva giornali e riviste che parlavano dei delitti del Mostro di Firenze e foto con pubi segnati a matita;
- aveva legami con tutti i luoghi dove avvennero gli otto duplici omicidi, tra cui aveva lavorato nelle due aree dove il mostro aveva colpito più spesso, il Mugello e la Val di Pesa.
Gli oggetti probatori
Con valore probatorio c’erano tre oggetti in possesso di Pacciani:
- una cartuccia trovata in giardino, forse inserita nell’arma dell’assassino;
- un blocco da disegno
- un portasapone.
Cosa pensava la gente del mostro di Firenze
L’opinione pubblica fu sostanzialmente divisa in due sulla sua colpevolezza riguardo agli omicidi. Anche se Pacciani si riteneva totalmente estraneo ai delitti, voleva dare di sé l’immagine della persona buona e semplice, dedita al lavoro agricolo. In paese però tutti lo conoscevano come un uomo violento, prepotente e litigioso: tanti compaesani avevano molta paura di lui e non lo frequentavano.
Certo è che Pacciani era un personaggio alquanto particolare: bugiardo cronico, poeta e pittore autodidatta. La sua indole violenta si riversò negli anni sulla moglie, Angiolina Manni, una donna semi-inferma di mente, bastonata e costretta a rapporti sessuali. Non risparmiò nemmeno le loro due figlie, Rosanna e Graziella, tenute segregate in casa, nutrite con cibo per cani, picchiate, violentate.
Dove abitava il mostro di Firenze?
Pietro Pacciani abitava a Mercatale Val di Pesa, alle porte di Firenze. Il borgo medievale è balzato agli onori della cronaca nera italiana perché vi abitava lui, accusato di essere uno degli autori dei delitti del cosiddetto Mostro di Firenze.
Morì il 22 febbraio 1998 prima di una sentenza definitiva.
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