Diletta Leotta: i ritocchini non sono una colpa, l’ipocrisia lo è

Il caso di Diletta Leotta continua a far discutere. La vera domanda è: perché la chirurgia estetica è ancora un tabù? Affrontiamo l'argomento.

Il caso di Diletta Leotta continua a far discutere. La conduttrice, durante la prima serata del Festival di Sanremo, aveva fatto un lungo monologo sulla bellezza e sul tempo che passa, che sfiorisce il nostro aspetto ma ci rende più consapevoli e maturi. Monologo che, però, ha fatto storcere il naso ai più.

Diletta Leotta: perché la chirurgia estetica è ancora un tabù?

 

Basta ipocrisia, verrebbe da dire. La Leotta, dopo le pesanti critiche ricevute, ha detto «Il mio monologo è stato frainteso». A farle eco è stata sua madre, che è prontamente intervenuta in sua difesa: «Mia figlia era ironica». Come se non bastasse, anche suo fratello, il chirurgo estetico Mirko Manola, ha voluto dire la sua: «Mia sorella non è rifatta». Ma perché non diciamo basta, una volta per tutte, a questa patetica ipocrisia? Non se ne può più.

Andiamo con ordine. Primo punto: perché non ammettere i ritocchi? Cosa c’è di male nel ricorrere alla chirurgia estetica? Perché nasconderlo e far diventare il tema ancor di più un tabù? Senza considerare che, se la Leotta (e chi, esattamente come lei, non lo ammette) si vergogna di dire che si è rifatta, è la prima a ghettizzarsi e a farsene una colpa. Non solo: in questo modo, finisce per legittimare chi la critica per essere ricorsa alla chirurgia estetica.

Secondo punto: ha scelto di fare un monologo sulla bellezza che «capita», quindi non può pretendere che la gente non vada a riguardare le foto di quando era ancora naturale. Poi, sia ben chiaro, questo non giustifica la maleducazione, l’aggressività, la volgarità di chi insulta e deride una ragazza che, legittimamente e coscientemente, ha deciso di aiutarsi con dei ritocchini. La violenza sul web, a chiunque sia rivolta e da chiunque provenga, va sempre condannata con fermezza.

Terzo punto: perché non fare un monologo diverso, di rottura, e dire «Sì, mi sono rifatta per migliorare alcuni aspetti del mio corpo, sono stata criticata e offesa per questo, ma non ho niente di cui vergognarmi, nessuno deve vergognarsi delle proprie scelte prese consapevolmente. Viviamo in un periodo in cui si rincorre la perfezione, non nascondo che temo il tempo che passa, mi fa paura e mi aiuto per quel che posso. Se a qualcuno non piace, sono affari suoi, perché io mi sento bene. E se qualcuno pensa che io sia un cattivo esempio perché mi sono rifatta, allora sappiate che con la sola bellezza non si va da nessuna parte, io ho studiato, mi sono laureata, ho fatto la gavetta, ho preso porte in faccia e oggi sono qui. Quindi, non vergognatevi di curare il vostro aspetto, ma ricordatevi che non basta»? Sarebbe stato certamente più apprezzabile.

In definitiva, Diletta Leotta, che ha scelto di ricorrere a femminismo e buoni sentimenti d’accatto con il suo patetico monologo, ha perso un’ottima occasione per essere sincera. E il pubblico, checché se ne dica, riconosce subito il sapore di una menzogna. E non perdona.

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