Almastri è il generale libico rientrato in Patria con un volo di Stato italiano e per questo è implicata Giorgia Meloni!
Entra nel nuovo canale WhatsApp di DonnaPOP.it
Almasri, generale libico e capo della polizia giudiziaria, è protagonista di una vicenda surreale che ha implicato i poteri dello Stato italiano, tra cui la Premier Giorgia Meloni. Ecco quanto accaduto!
Leggi anche: Avete sentito le bugie che ha detto Giorgia Meloni? Ecco cosa ha rivelato (ma non è vero nulla!)
Accusato di terribili reati, Almasri è il capo della polizia giudiziaria libica. Su di lui pende un mandato di arresto da parte della Corte Penale Internazionale. Eppure il personaggio in questione è libero in Libia, nonostante sia stato fermato dalle autorità italiane nel nostro Paese. Cosa è accaduto? Cerchiamo di fare chiarezza su tutta la vicenda!
Almasri chi è e cosa ha fatto?
Come dicevamo, Nijeem Osama Almasri è il comandante della prigione di Mittiga, vicino a Tripoli, in Libia. In quel luogo, sotto il suo comando, sarebbero stati messi in atto delle azioni criminali, tra cui l’uccisione di ben 34 persone e l’ignobile violenza nei confronti di un bambino. Accusato dalla Corte Penale Internazionale di tali reati, il Tribunale dell’Aia ha emesso contro di lui un mandato di arresto.
Tutta la storia
Il 6 gennaio 2025 Almasri è partito da Tripoli in aereo in direzione Londra, dando inizio a un tour in Europa e facendo scalo all’aeroporto di Fiumicino. Rimasto sette giorni nel Regno Unito, il 13 gennaio Almasri ha preso il treno dalla capitale britannica alla volta di Bruxelles, per poi trasferirsi in automobile in Germania.
Pare che nei pressi di Monaco di Baviera il comandante libico sia stato fermato dagli agenti a un posto di controllo, ma la polizia tedesca lo ha lasciato proseguire. Da lì poi il suo viaggio in Europa è proseguito alla volta dell’Italia, sempre in macchina: destinazione Torino per assistere a una partita dal vivo della Juventus.
Per ben dodici giorni il capo del carcere di Mittiga ha viaggiato indisturbato per le strade e i cieli europei, nonostante sia responsabile di azioni criminali. Mentre era in territorio italiano, sabato 18 gennaio 2025, la Corte penale internazionale ha spiccato contro di lui un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità, commessi nella prigione libica per oltre quindici anni sotto il suo comando.
Arresto di Almasri
Arrivato a Torino domenica 19 gennaio, la polizia italiana ha fermato Almasri e di conseguenza è stato arrestato.
Da quel momento si sono scatenati tutta una serie di eventi che hanno portato alla scarcerazione del generale libico due giorni dopo il suo arresto, il 21 gennaio. In soldoni: Almasri è stato rimpatriato dall’Italia e fatto viaggiare per la Libia su un volo di Stato italiano.
Pare che il personaggio in questione sia stato rilasciato per un errore nella procedura d’arresto. La Corte d’Appello di Roma ha disposto il suo rilascio in quanto la Corte Penale Internazionale “non aveva in precedenza trasmesso gli atti al ministro della Giustizia Carlo Nordio”.
Il tutto non è soltanto surreale ma anche pieno di lati oscuri che si perdono nei meandri dei cavilli giudiziari, governativi e persino esecutivi. In altre parole, tutti i poteri dello Stato italiano sono diretti interessati alla vicenda, a partire dalla Premier Meloni fino a diversi ministri del suo Governo: dal già citato ministro della Giustizia Carlo Nordio al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al sottosegretario Alfredo Mantovano.
Cosa c’entra Giorgia Meloni?
Ma c’è chi vuol vedere chiaro in questa avventura piuttosto anomala. L’avvocato Luigi Li Gotti, infatti, ha denunciato la Premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano per favoreggiamento nella scarcerazione di Almasri e per peculato nell’aver utilizzato un volo di Stato per il suo rientro in Libia.
Il 28 gennaio Giorgia Meloni ha pubblicato un video sui social, annunciando di “essere indagata dalla Procura di Roma per i reati di favoreggiamento e peculato per il rilascio del carceriere lib Almasri”.
In effetti Giorgia Meloni non è indagata ma ha ricevuto un avviso di garanzia in quanto denunciata da un cittadino italiano. Da qui sono partite tutta una serie di polemiche, con una giravolta di scarica barile sulle responsabilità di quanto avvenuto. Certi che gli organi interessati possano chiarire la vicenda, rimaniamo in vigile attesa per ulteriori sviluppi che comunicheremo tempestivamente!
Cos’è l’avviso di garanzia?
L’avviso di garanzia altro non è che l’informazione tramite cui la persona indagata conosce l’esistenza di una denuncia a suo carico con indicazione della violazione normativa o del reato, completa di data e luogo di dove è avvenuto il fatto, nonchè di invito a nominare un avvocato per difendersi.
Nel caso della denuncia contro Giorgia Meloni per la vicenda di Almasri è un atto dovuto da parte della Magistratura, secondo l’articolo 369 del Codice di Diritto Penale: “Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia”.
Per maggiore chiarezza, quando il magistrato riceve la denuncia nei confronti di un ministro, ha l’obbligo inviare entro quindici giorni gli atti al tribunale dei ministri e comunicare la notizia anche alla persona interessata. Ecco perchè parliamo di atto dovuto.
Secondo quanto prevede la legge costituzionale, poiché il procedimento giudiziario riguarda esponenti del Governo, la Procura della Repubblica non deve svolgere nessuna indagine. A valutare le accuse contro Giorgia Meloni e gli altri esponenti del Governo sarà “la sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni”, cioè il tribunale dei ministri. Tale organo ha 90 giorni di tempo per decidere se archiviare il caso oppure chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere nei confronti della Premier e dei ministri coinvolti.
La procedura, comunque, non è così semplice. Secondo l’art. 96 della Costituzione: “I membri del governo possono essere infatti sottoposti a un procedimento giudiziario solo se viene data autorizzazione dalla Camera o dal Senato”.
In quanto deputati, l’autorizzazione a procedere per Giorgia Meloni e il ministro Nordio dovrà essere data dalla Camera, mentre per i ministri Piantedosi e Mantovano se ne occuperà il Senato.