Lello Arena racconta la malattia di un suo amico carissimo: un legame indissolubile, il loro, nonostante l'amico non ci sia più.
Un amico è il custode delle più grandi verità. Per questo Lello Arena ha deciso di scrivere il libro C’era una volta, per raccontare il suo legame professionale ma soprattutto la sua amicizia con Massimo Troisi. Questo legame, ricco di ricordi, emozioni e momenti intensi, si intreccia indissolubilmente con la lotta di Troisi contro la malattia, un tema che ha segnato profondamente l’esistenza non solo dell’attore, ma anche di chi gli era vicino. «Una storia fatta di mille colpi di scena, di mille accadimenti strani», ha raccontato Arena ai microfoni dei Lunatici, su Rai Radio 2, sottolineando come la loro avventura artistica fosse accompagnata da eventi straordinari e imprevedibili, che riflettono la complessità del loro percorso.
Lello Arena ha conosciuto Massimo Troisi da giovanissimo in un contesto che sembrava predestinarli a un lungo e fortunato cammino insieme. La prima volta che l’ha visto è stata in una recita parrocchiale, dove Troisi ha saputo conquistare il pubblico con la sua simpatia e il suo talento innato. Quella prima esibizione ha aperto le porte a una carriera che li ha visti protagonisti nel panorama teatrale e televisivo italiano. Da quel momento, l’amicizia e la collaborazione li hanno portati a vivere esperienze straordinarie, tra successi e sfide, anche se la malattia di Massimo ha sempre rappresentato una sorta di ombra, una verità da raccontare con sensibilità e rispetto.
Lello Arena racconta la malattia di Massimo Troisi: finalmente tutta la verità
Nel suo libro, Arena si prende la responsabilità di dire la verità sulla malattia di Massimo Troisi, un argomento spesso travisato dai media e da chi non conosceva profondamente la situazione. «Voglio dire e ristabilire la verità. Molti hanno scritto imprecisioni», afferma con fermezza. La patologia di Troisi, nonostante il suo epilogo drammatico, non ha mai rappresentato un ostacolo insormontabile per lui, che continuava a esibirsi con grande energia.
«Massimo quando tornava da Houston poteva stare in scena due ore e mezza, poteva giocare a pallone», spiega Arena, evidenziando come la sua vita fosse piena di attività e passioni, contrariamente a quanto si possa pensare leggendo certe narrazioni. La vita di Troisi non era definita unicamente dalla sua malattia, ma piuttosto dalla sua incredibile vitalità, dalla sua capacità di divertirsi e di far divertire gli altri. Arena rivela anche che «non c’era bisogno di raccontare la sua malattia in modo morboso», sottolineando l’importanza di onorare la memoria di un artista che ha saputo affascinare il pubblico.
Lello Arena e il dolore per la malattia di Massimo Troisi: la confessione
Parlando di Massimo, Arena non può fare a meno di esprimere la profondità del suo dolore e delle emozioni vissute insieme. La bellezza e il carisma di Troisi erano innegabili, e, come racconta Lello, le avventure con le donne erano uno degli aspetti più affascinanti della sua vita. «Abbiamo avuto donne che pagavano i portieri d’albergo per farsi trovare in camera nostra», confessa Arena, mettendo in evidenza come, nonostante il successo e il fascino, la vera essenza di Massimo fosse quella di un’anima vulnerabile e sensibile.
Nonostante le risate e i successi, c’era in lui una solitudine, una consapevolezza del suo stato di salute che lo accompagnava come un’ombra. Arena ricorda come, in quegli anni, nessuno potesse immaginare un finale così tragico, descrivendo la pesantezza di una notizia devastante che lo colse completamente di sorpresa: «C’era musica, palloncini, bambini che ridevano. E per tre giorni tutti i telefoni che potevano squillare hanno squillato». Quella chiamata segnò per Arena e per tutti coloro che amavano Troisi un momento terrificante, una brusca interruzione di un sogno condiviso che li aveva accompagnati per anni.
La storia di Massimo Troisi e Lello Arena è una testimonianza di amicizia, passione e dolore, un legame che continua a vivere attraverso le parole di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e la volontà di raccontarne la verità, anche quando è difficile.