Paola Iezzi, a quasi trent'anni dal suo esordio nel mondo della musica, sembra aver convinto finalmente tutti, ma perché solo adesso?
Paola Iezzi è una cantautrice, musicista, produttrice e dj, ma è – soprattutto – una donna e artista orgogliosamente pop. Che fosse preparata, competente, professionale è sempre stato chiaro a chiunque non avesse un pregiudizio, mentre tutti gli altri se ne sono accorti solo adesso, con la sua partecipazione a X Factor.
Ma perché, mi domando (seppur in modo retorico), finora si è fatta tanta fatica a riconoscere il valore di una cantante che ha sempre svolto bene il proprio mestiere, scritto le proprie canzoni e prodotto i propri album? Qual è la colpa di una cantautrice pop che ha sempre lavorato con serietà, abnegazione e impegno e che oggi ha quasi trent’anni di carriera alle spalle? Perché, mi chiedo, Paola Iezzi ha convinto tutti solo ora, a ventotto anni dall’esordio sul palco di Sanremo?
Paola Iezzi e quel pregiudizio che la insegue (e qualche volta precede) da sempre
Io una risposta ce l’ho e si può riassumere in una parola soltanto: pregiudizio. Ma da dove deriva, se – come dicevo – Iezzi ha sempre fatto bene il proprio lavoro? Provo a spiegarlo (e spiegarmelo) così: Paola, insieme a Chiara, è sempre stata una fedele e convinta rappresentante del pop e ha il merito di aver dato prestigio al pop italiano.
Ma c’è un “ma”: il pop, in Italia, è sempre stato considerato il fanalino di coda dei generi musicali. Poi, se è fatto da una donna, diventa qualcosa di blando. Se è fatto addirittura da una donna che ne incarna perfettamente l’essenza, allora diventa inconsistente, vuoto. Diventa, in altre parole, un contenitore senza contenuto, una cornice senza sfondo. Diventa un sottogenere: non è più musica, ma mero intrattenimento, dove a “intrattenimento” si dà un’accezione negativa, come fosse un riempitivo, una decorazione.
Insomma, quando il pregiudizio sul pop incontra quello legato alle donne, alla loro professionalità e competenza, diventa letale. Paola Iezzi ne sa qualcosa, perché è sempre stata una musicista, autrice, produttrice e, per un certo periodo, anche discografica di se stessa, ma ha sempre faticato a convincere il pubblico. Oggi, dopo trent’anni di carriera, c’è chi non sa ancora che sia una cantautrice e, tra chi lo sa, c’è chi è convinto che scrivere canzoni pop sia facile. Adesso, dopo trent’anni di carriera, c’è chi si sorprende che sia una artista acculturata, preparata, capace di fare da guida a dei giovani talenti.
Oggi, a distanza di trent’anni dal suo esordio, c’è chi dice di essersi ricreduto, ma Paola Iezzi è sempre stata l’artista che oggi siede alla giuria di X Factor: competente, talentuosa, intelligente e gentile (nei modi, nelle intenzioni, nella sua idea di televisione).
Paola Iezzi: la storia di un’artista pop
Paola, insieme a Chiara prima e in solitaria dopo, è sempre stata un’artista curiosa, inquieta, in costante evoluzione, fedele al bello, ma mai all’idea che il pubblico aveva di lei. Hai indagato il pop in ogni sua forma, da quello celtico a quello latino, dal pop rock all’electro pop. È sempre stata ribelle, provocante, sensuale, lungimirante, all’avanguardia, attenta alla cura di ogni dettaglio. Ha saputo rispettare il pop e darne una lettura personale e riconoscibile, ma sempre con un piglio internazionale.
Essere pop, e Paola Iezzi ha dimostrato di saperlo bene, significa maneggiare la musica in un certo modo, darle una certa forma, che prevede l’utilizzo di tutti i mezzi con cui un artista si esprime: le parole, la melodia e gli arrangiamenti, innanzitutto, e poi la grammatica visiva, tutto ciò che permette alla musica non solo di essere ascoltata, ma anche guardata. Essere pop, inoltre, significa abitare un’epoca, conoscerla nel profondo, quindi darne una lettura personale e, nel contempo, collettiva. Significa restituire, attraverso la musica, il gusto di un momento preciso. Se il cantautorato è senza tempo, il pop è questo tempo preciso e ha il difficile compito di fermare qualcosa che se ne va.
Insomma, Paola Iezzi è brava da sempre a cantare, scrivere, produrre, sì, ma soprattutto a correre più forte del pregiudizio che qualche volta l’ha preceduta. Alla fine ha vinto lei.