Renato Zero ha fatto alcune affermazioni scorrette e discutibili sul delicato tema dell'adozione e della gestazione per altri.
In una recente intervista a Gianluca Gazzoli, Renato Zero ha detto: «Quando le persone non possono avere figli per diverse ragioni, con tanti bambini che sono abbandonati nel mondo, adottare è molto meglio che affittare un utero e prendere una donna come se fosse una macchina». E ancora: «Detesto la posizione di queste donne nei confronti di un servilismo. Affinché la gente sia felice, rendono definitivamente infelice una persona che un figlio lo avrebbe voluto per sé».
Nelle sue parole c’è il qualunquismo, la superficialità, la demagogia tipici di chi non conosce il tema di cui parla. Tuttavia lo fa, perché difendere un certo populismo è più comodo, più rassicurante che mettere in discussione certe convinzioni false, parziali, pretestuose.
Perché le parole di Renato Zero sono del tutto sbagliate
Inizierei da una apparente sottigliezza, che proprio una sottigliezza non è: Zero non dice di detestare chi, secondo lui, sfrutterebbe la donna come fosse una «macchina», ma «la posizione di queste donne nei confronti di un servilismo»; quindi, in altre parole, dà alle donne la responsabilità della colpa di cui loro stesse sarebbero vittime. Insomma, lui le considera vittime e nel contempo responsabili, a tal punto da detestare il loro comportamento: ma se sono vittime, perché prendersela con loro?
Mi spiego meglio: secondo Zero, le donne che si prestano alla gestazione per altri vengono rese infelici nel momento in cui «avrebbero voluto per sé» il figlio che, invece, danno a qualcun altro. Nonostante ciò, lui detesta la loro posizione e non chi, a suo parere, le sfrutta. Poi, a questa incoerenza che rivela – a mio avviso – qualcosa di più profondo di un semplice “errore di comunicazione”, si aggiunge la solita, vecchia e falsa narrazione della gestante che soffre perché avrebbe voluto tenere il bambino per sé. Perché è così complicato abbandonare il cliché secondo cui la donna, che sceglie consapevolmente di fare la GPA, sia infelice, monca, vittima? Nelle realtà in cui la GPA è possibile, la donna è perfettamente cosciente della propria scelta e vi può accedere solo e soltanto se ha determinati requisiti (avere già dei figli, una buona salute fisica e mentale, essere economicamente indipendente). Al di là della propria, personale opinione a riguardo, perché diffondere notizie inesatte e avallare uno stereotipo vecchio e limitante? Perché la donna deve essere per forza vittima e, nel caso di Zero, anche responsabile di ciò di cui è vittima?
Renato Zero e la solita retorica sull’adozione
E poi veniamo al punto fondamentale: l’adozione. In Italia si parla tanto (e a sproposito) di GPA perché si vuole colpire la comunità LGBTQIA+, anche se a farne ricorso sono perlopiù le coppie eterosessuali. Quindi, è bene ribadire alcuni fatti: nel nostro Paese, non esiste il matrimonio egualitario per le coppie gay, perciò i gay non possono adottare. Non solo: l’adozione è vietata anche alle persone single. Dunque, tornando al solito populismo sui tanti «bambini abbandonati nel mondo», com’è possibile adottarli, se a una parte della popolazione è vietato e l’altra è costretta a un iter lungo, faticoso e spesso inutile? Ma, soprattutto, Renato Zero perché non ci spiega come ha fatto ad adottare un figlio da single?
Purtroppo, come sempre accade, il tema della genitorialità e dei figli finisce per esistere a un solo scopo: favorire una guerra ideologica. Di fatto, è un tema che suscita poco interesse quando non c’è la comunità LGBTQIA+ da colpire. E alla fine si riduce sempre tutto a una narrazione faziosa, falsata, incompleta, in cui si sostiene sperticatamente di essere interessati al bene dei bambini, senza di fatto interessarsene davvero, e alla libertà della donna, senza fare nulla per difenderla.