Giorgia Meloni, in una recente intervista al settimanale Chi, ha spiegato perché abbia deciso di portare con sé la figlia Ginevra in Cina.
Giorgia Meloni è una donna maschilista. Sin dalla scelta, apparentemente innocua, di farsi chiamare “il” presidente, usando dunque l’articolo determinativo maschile, è stato chiaro a tutte e tutti che il fatto che fosse donna non avrebbe in alcun modo aiutato la causa delle donne. Anzi, negli ultimi due anni, Meloni è riuscita persino a peggiorare le cose.
Non basta essere donna per essere dalla parte delle donne: il caso di Giorgia Meloni
La nostra Premier, infatti, ha affossato la proposta di legge per la parità salariale, ha alzato l’iva su assorbenti e pannolini, ha votato contro la Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, ha detto che «una donna che mette al mondo almeno due figli offre al Paese un grande contributo», ha difeso l’ex Giambruno, dopo il caso dello stupro di Palermo, dicendo che le ragazze possono evitare la violenza se tengono gli occhi aperti (attribuendo alle vittime, quindi, la corresponsabilità di uno stupro), ha scelto Eugenia Roccella, che è contro l’aborto, come ministra per le pari opportunità e la famiglia e, infine, ha fatto una serie di affermazioni discutibili sulla maternità.
Giorgia Meloni e la figlia Ginevra: l’intervista su Chi
In una intervista a Chi, Meloni ha detto che – nel suo recente viaggio in Cina – ha portato con sé la figlia Ginevra perché altrimenti avrebbe dovuto lasciarla a casa, ma soprattutto per «dimostrare che il mio incarico è compatibile con la maternità, allora non ci saranno più scuse per quelli che usano la maternità come pretesto per non far avanzare le donne sul posto di lavoro».
Una causa nobile, verrebbe da dire, se non fosse che Meloni – in più occasioni, specie nei momenti di maggiore difficoltà – abbia strumentalizzato la figlia, usandola come arma per abbonire l’opinione pubblica. Insomma, quando il clima si fa teso, Meloni diventa prima di tutto mamma, con tutte le difficoltà (che lei supera brillantemente) che la maternità comporta.
“Una di noi”, dunque, ma un po’ più brava di noi: si è separata dal padre di sua figlia, ma ha mantenuto con lui un ottimo rapporto, porta la sua bimba con sé perché «secondo chi critica tutto ciò, avrei dovuto lasciare mia figlia a casa, magari a casa di amici?» e, infine, afferma che potrebbe rinunciare alla guida dell’Italia solo se glielo chiedesse sua figlia Ginevra (intervista di qualche tempo fa). E anche qui ci sarebbe tanto da dire, perché non c’è nulla di più retorico, demagogico, dannoso di questa visione della donna che rinuncia a sé per un figlio, di questa idea che sia assolutamente normale che una donna faccia un passo indietro se un figlio le chiede di non lavorare più.
La nostra risposta a Giorgia Meloni
Rispondiamo a Meloni, che ha detto di non aver capito perché la scelta di scendere mano nella mano dall’aereo abbia fatto molto discutere. Semplice: perché hai fatto una passerella. Meloni, come sempre, ha tentato di spostare l’attenzione, facendo – come di consueto – la vittima. Ha detto che molti si sentono così superiori da voler insegnare a una madre come crescere la propria bambina. Nulla di più inesatto. Nessuno vuole insegnarle a crescere Ginevra, ma chi ha buon senso le chiede di non strumentalizzare il tema della maternità.
Nessuno vuole vietarle di portare la figlia con sé, ma il fatto che sostenga di averlo fatto per «una sfida culturale», proprio lei che è in una condizione di privilegio e che ha il potere e il dovere di governare il Paese con i fatti, offende le donne. Di nuovo. Per l’ennesima volta.