Angela Carini vittima di Imane Khelif? Non proprio. Senz'altro è una vittima, ma della destra italiana e, a ben vedere, anche di se stessa.
Oggi, la sola cosa che dovremmo fare tutte e tutti è parlare dell’unica vittima di questa storia: Imane Khelif (qualcuno, poi, dovrebbe anche chiederle scusa). Khelif è stata messa alla gogna, diffamata, umiliata, denigrata e usata per fomentare l’odio verso le persone transessuali. Tuttavia, ci tocca parlare di Angela Carini che, a ben vedere, non è meno vittima.
Angela Carini e quella narrazione che non corrisponde al vero
Carini, dopo soli quarantasei secondi dall’inizio della gara con Khelif, si è ritirata. Ora, credo sia evidente a chiunque il fatto che non ci abbia nemmeno provato, ma è altrettanto evidente come questa narrazione strida con l’uso che la destra vuol fare di lei: deve essere una vittima, per essere utile alla loro propaganda. Combattente e vittima, per l’esattezza.
E, in effetti, Carini – in tutte le interviste rilasciate dopo l’abbandono – ha detto di aver dato tutta se stessa, di essere stata matura e non arrendevole, ma di non aver potuto fare diversamente di fronte ai pugni ricevuti. Un atteggiamento vittimistico, insomma, che ben si inserisce nel disegno fatto dai vari Salvini, Meloni, La Russa: Imane Khelif ha impedito a Carini di realizzare la propria vittoria, dopo tanti sacrifici e dopo aver dimostrato, soprattutto, di avere coraggio.
È evidente, insomma, come la narrazione dei fatti abbia cambiato i fatti stessi, nonostante siano avvenuti sotto i nostri occhi: Carini non si è arresa, ma ha dato tutto finché ha potuto; Imane Khelif – donna malata di iperandrogenismo e ritenuta idonea a gareggiare – da semplice avversaria sul ring, è diventata colei (colui, direbbero le destre) che ha impedito a Carini di vincere, come se la vittoria fosse sua di diritto; la propaganda contro le persone transessuali, portata avanti attraverso la diffusione di una fake news, si è trasformata in «difesa dei diritti delle donne». Insomma, non è successo nulla di quello che Carini e la destra raccontano, ma nessuno sembra accorgersene.
Carini vittima, Meloni materna, governo dalla parte delle donne: la grande farsa
Ma il meglio è venuto dopo, quando Carini, nell’intervista-propaganda al TG1, ha detto di essere delusa perché è successo «tutto questo» («tutto questo», ovviamente, non è il fatto che si sia arresa spontaneamente, ma la presunta disparità della gara). Non solo, ha detto di aver incontrato «il» presidente Meloni, che si è comportato con lei come una madre. Insomma, tutto secondo i piani: Carini combattente e vittima, Meloni materna e dalla parte delle donne, governo contro chi minaccia i loro diritti (?).
E poi, come se non bastasse tutto questo, Carini ha nominato in ogni occasione il padre defunto. Ha detto di aver gareggiato per lui, di aver sentito la sua presenza ed essersi scusata con lui in ginocchio per non avercela fatta, che suo padre ha voluto che andasse così, che le ha insegnato a essere una guerriera. Trovo questa strumentalizzazione del lutto totalmente fuori luogo, inopportuna, stucchevole. A mio avviso sono uscite infelici, immature e poco consone alla circostanza. Uno scudo, in altre parole, per uscire illesa da una situazione sicuramente complicata, ma che sarebbe stato meglio affrontare da sportiva.
Quando parlo di situazione “complicata”, non mi riferisco al cattivo esito di una gara, perché lo sport è fatto anche di questo. Parlo della situazione imbarazzante, indegna, volgare generata dalle fake news diffuse dalla destra italiana. Parlo del clima fomentato dai vari Salvini e La Russa. Parlo di un gioco sporcato dalla transfobia di Stato, perché questo è.
Angela Carini è vittima due volte: della destra e di se stessa. Spero che abbia l’intelligenza di tirarsi fuori da tutto questo prima che diventi la sua condanna.