Filippo Turetta: ecco perché se hai creduto alle parole di suo padre hai un problema

Perché condannare le parole del padre di Filippo Turetta è sbagliato? Perché non abbiamo un figlio in carcere condannato per omicidio.

Le frasi del padre di Filippo Turetta stanno rimbalzando su tutti i media, ma se gli hai dato credito hai un problema e ora ti spiego perché.

Filippo Turetta si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona, porto d’armi e occultamento di cadavere ai danni di Giulia Cecchettin, l’amorevole ragazza di periferia che abbiamo imparato a conoscere tramite le parole di suo padre e di sua sorella Elena, oggi entrambi impegnati nel sociale.

Il caso Cecchettin ha sconvolto tutti e l’opinione pubblica vuole il sangue, ma questa volta quello di Turetta, seppur si parli di un sangue metaforico. Il 3 dicembre scorso, il ragazzo ha ricevuto per la prima volta la visita dei suoi genitori nel carcere di Montorio Veronese, diverse settimane dopo il suo arresto, avvenuto il 18 novembre in Germania.

In quell’occasione, lo stesso Filippo Turetta aveva ammesso di non riuscire a raccontare tutto agli inquirenti e agli avvocati. Qualche giorno prima di quelle esternazioni, l’assassino di Giulia Cecchettin era stato interrogato per nove ore dal PM Andrea Petroni. Nonostante ancora oggi il caso desti qualche criticità, a colpire sono state le parole di suo padre. Perché?

Ecco perché non devi dare credito alle parole del padre di Filippo Turetta

Le parole di Nicola Turetta, padre di Filippo, sono rimbalzate da un sito all’altro, da un giornale all’altro, scatenando – ancora una volta – l’opinione pubblica contro il ragazzo e la sua famiglia. Come se poi la famiglia e i genitori fossero responsabili tanto quanto lui, ma questo è un altro discorso.

A quanto pare, non si tratta di semplice curiosità o di voyeurismo nella sua più becera dimostrazione, bensì di atti giudiziari comprovati: il colloquio tra Filippo Turetta e i suoi genitori, oggi, è oggetto di indagine per le parole del ragazzo a suo padre e a sua madre. Per il PM e per chi indaga sul caso di Giulia Cecchettin, le esternazioni del suo ex fidanzato sono la chiave per arrivare alla verità, seppur cruda che sia.

Nel colloquio fra Turetta e i suoi, infatti, lo si sente da un lato ammettere di aver omesso dettagli circa l’omicidio e dall’altro suggerire che possa aver agito in un momento di totale incapacità di intendere e di volere. La difesa al momento non ha presentato alcuna istanza sul tema, ma questa potrebbe essere disposta anche dalla Corte d’Assise durante il processo, che inizierà il prossimo 23 settembre.

Ma, venendo a noi: perché dare credito alle parole del padre di Filippo Turetta è sbagliato e controproducente? Semplice: perché non riguardano affatto la nostra opinione di spettatori di questo orrendo teatro. Nicola è stato accusato di aver sminuito il fatto, come se la morte di Giulia non fosse altro che un “incidente di percorso” di suo figlio.

La realtà, però, è ancora una volta diversa. Ecco cosa si sente dire il padre di Filippo Turetta durante il colloquio con il ragazzo: «Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza… Ci sono altri 200 femminicidi! Poi avrai i permessi per uscire per andare al lavoro, la libertà condizionale».

Per queste esatte parole, media e opinione pubblica sono insorti contro il padre di Turetta, che successivamente – al Corriere della Sera – ha spiegato i motivi delle sue esternazioni. Perché sì, che ci piaccia o no, dei motivi ci sono e valgono abbastanza da farceli bastare. Le sue dichiarazioni al noto quotidiano: «Chiedo scusa, erano solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale».

E ancora: «Ho fatto quelle affermazioni solo perché temevo Filippo si suicidasse. Sto malissimo e non mi do pace, era un momento di disperazione». Ci troviamo di fronte a un padre disperato: non me ne vogliano i fan di Gino Cecchettin, ma Nicola Turetta è un uomo distrutto tanto quanto il padre di Giulia.

Nei casi di omicidio, tutti i coinvolti sono vittime. Non basta essere morti per avere incollato il certificato di martire. Chi resta, talvolta, è più perduto di chi se ne è andato. Beati voi, allora, che sapreste cosa dire di fronte a un figlio che ha commesso un orrendo fatto come quello. Beati voi, che avreste sempre le parole giuste nelle situazioni sbagliate.

La speranza, come sempre, è una sola: che non ci si trovi mai di fronte alla realtà di doversi preoccupare di dire davvero qualcosa in merito a fatti che ci riguardano strettamente. Sempre meglio far parte dell’opinione pubblica e sentenziare fra un telegiornale e l’altro, che ritrovarsi nei panni della famiglia Turetta.

La stessa famiglia che oggi, fra un telegiornale e l’altro, piange la condizione di un figlio in carcere accusato di un reato terribile. E oltre alla condanna che spetterà a Filippo, i suoi genitori dovranno affrontare lo stigma di avere come “colpa” quella di essere padre e madre di un assassino.

Le scuse di Antonio Tajani e de l’Ordine di Venezia

Per fortuna un barlume di speranza c’è ancora: gli organi rappresentativi della categoria degli avvocati hanno scatenato una vera e propria protesta contro la pubblicazione delle parole del padre di Filippo Turetta, dette, appunto, durante un colloquio che sarebbe dovuto rimanere privato o – al massimo – delegato agli organi competenti ai fini giudiziari del caso.

L’Ordine di Venezia, infatti, ha fortemente stigmatizzato quanto fatto dai giornalisti in questi giorni “a maggior ragione a ridosso dell’apertura della fase dibattimentale”, riferendosi alle parole del padre di Turetta come a “una intercettazione processualmente irrilevante”. Anche Gian Domenico Caiazza – ex Presidente dell’Unione camere penali – ha chiesto scusa a Nicola Turetta.

Le sue parole: «Sono io che chiedo scusa a lei, signor Turetta». Dopo di lui anche diversi esponenti del Governo hanno parlato nel merito della questione; fra tutti riportiamo le parole di Antonio Tajani, Vicepremier:  «Non condivido quelle parole, ma è profondamente scorretto diffondere quella conversazione ed esporla al pubblico ludibrio».

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