I papà per scelta, Christian De Florio e Carlo Tumino, mi portano a fare una riflessione sugli influencer: è davvero tutto lecito?
Per un po’ di tempo, ho seguito – su Instagram – i Papà per scelta, vale a dire Christian De Florio e Carlo Tumino, due uomini uniti civilmente e padri dei gemelli Julian e Sebastian, nati attraverso gestazione per altri. Poi, qualche mese fa, ho tolto loro il follow perché ho capito che quello che facevano, e continuano a fare, non è molto diverso da molte e molti altri influencer che, attraverso i figli, guadagnano soldi e posizionamento sui social. Nel caso dei Papà per scelta, i figli non sono un mezzo, sono il mezzo: senza di loro, non esisterebbero nemmeno.
Andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. Perché ho iniziato a seguirli? La risposta a questa domanda è semplice: Christian e Carlo utilizzano i social per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della famiglia omogenitoriale. Il loro obiettivo iniziale era quello di spiegare, soprattutto a chi è più distante dalla comunità LGBTQIA+, come una famiglia composta da due padri sia esattamente uguale a una composta da una mamma e un papà: ci sono momenti felici, altri di difficoltà, a cena si mangia tutti intorno a un tavolo, c’è chi apparecchia, chi cucina, chi racconta la propria giornata e chi fa i capricci. Insomma, quello che per molti è assolutamente ovvio, ovvero che una famiglia omogenitoriale sia esattamente identica a tutte le altre, per tanti non lo è, quindi ho sempre considerato utile la loro attività social.
Ecco perché ho smesso di seguire i Papà per scelta
Poi, però, qualcosa ha iniziato a scricchiolare, non tanto (e non solo) nel loro comportamento, quanto nella mia consapevolezza (quindi coscienza) circa il tema degli influencer che utilizzano i bambini per esistere e guadagnare sui social. Tutto è cambiato un giorno, quando un utente ha chiesto loro che lavoro facessero. Uno dei due papà, un po’ stizzito, ha risposto che fanno contenuti per i social, che essere dei creator social non è affatto facile e che, dunque, è un lavoro a tutti gli effetti.
In quel momento, è come se fossi rinsavito: improvvisamente, l’idea ingenua che mi ero fatto, ovvero che fossero due ragazzi con un lavoro normale, impegnati nel fare attivismo sui social, è svanita. Ecco, ero caduto anch’io nella trappola degli influencer (tutti, indistintamente): mi ero affezionato alla rappresentazione della loro vita, che però non è la loro vita. Questa sottile (ma non troppo) differenza mi ha fatto riflettere: perché dovrebbero interessarmi due persone il cui lavoro è quello di guadagnare (direttamente e indirettamente) attraverso i figli? Perché dovrebbero interessarmi due che fingono di fare una vita normale e invece hanno costruito una vita normale per venderla sui social?
Vorrei chiarire due punti, prima che si scivoli in facili fraintendimenti: non sto dicendo che non sia vero quello che riprendono con il loro smartphone, ma che sia verosimile. Sto dicendo che si tratta di una rappresentazione della loro realtà, fatta allo scopo preciso di vendere un prodotto: se stessi. Perché, sì, i Papà per scelta sono un brand.
Inoltre, non sto dicendo che la loro vita non sia normale in quanto omosessuali (è bene specificarlo, di questi tempi): quello che voglio dire è che vendono una “normalità” che serve alla causa, quindi confezionata per bene, affinché chiunque si affezioni a loro, anche e soprattutto chi è più distante dalla comunità LGBTQIA+.
In definitiva…
Ho smesso di essere complice di questa realtà, a mio avviso distopica, nel momento esatto in cui ho preso coscienza del fatto che i bambini, che sono sempre (anche indirettamente) fonte di guadagno, vengano utilizzati per pubblicizzare qualsiasi cosa. I bambini, quindi, smettono di essere soggetti e diventano oggetti.
La vita di Julian e Sebastian viene ripresa costantemente per un adv o per lanciare un messaggio di normalità, messaggio che – però – non è loro dovere dare. Loro sono due bimbi e hanno il diritto di vivere come tali, senza dover portare il peso di rappresentare alcunché, senza l’hashtag adv stampato addosso. La causa che ha portato Christian e Carlo a diventare i Papà per scelta è lodevole, un po’ meno la strada intrapresa per portarla avanti.