Giorgia Meloni ha proprio una strana concezione di “metodo di regime”

Dopo due settimane (ribadisco, due settimane) dalla prima inchiesta di FanPage all’interno della giovanile di Fratelli D’Italia, da cui sono emersi atteggiamenti razzisti, antisemiti e nostalgici del fascismo, Giorgia Meloni ha finalmente commentato quanto emerso, ma – anziché prendere le distanze dalla cosiddetta “gioventù meloniana” – ha attaccato duramente FanPage.

Andiamo con ordine: l’inchiesta sui giovani militanti di Fratelli d’Italia, finita sulle prime pagine e sui maggiori media di tutta Europa (tranne che d’Italia), ha rivelato quello che accade tra i militanti del partito di Meloni. Apologia al fascismo e al nazismo, insulti alle persone con disabilità, cori razzisti e antisemiti, ma anche omofobia, intolleranza verso tutte le minoranze, lo slogan nazista Sieg Heil: questo è tutto ciò che è emerso dall’inchiesta.

Giorgia Meloni parla dell’inchiesta di FanPage

Meloni, nel suo intervento, si è limitata a dire che in Fratelli d’Italia non c’è posto per razzisti, antisemiti o nostalgici (forse perché i posti sono tutti occupati, viene da pensare) e poi è passata al contrattacco, accusando FanPage di usare un «metodo da regime che mette in pericolo la democrazia». Non solo, Meloni si è rivolta direttamente a Mattarella, chiedendo un suo intervento di fronte ai giornalisti che, pensate, hanno osato fare quello che di norma i giornalisti fanno: le inchieste.

Forse a Giorgia Meloni sfugge che si parla di regime quando il potere si occupa dei giornalisti e non quando i giornalisti si occupano del potere. Forse le sfugge che si parla di regime quando si tenta di limitare, come in questo caso, la libertà di stampa. Forse le sfugge che si parla di regime quando ci si rivolge al Presidente della Repubblica chiedendogli se sia «lecito infiltrarsi tra i partiti» (risposta: ), tentando di delegittimare il lavoro d’inchiesta di FanPage.

Giorgia Meloni e la sua strana idea di regime

Forse le sfugge che si parla di regime quando, per ben due settimane, i telegiornali della tv di Stato evitano accuratamente di parlare di un’inchiesta che riguarda il partito di maggioranza. E qui bisogna aprire una parentesi: solo ieri, dopo la pubblicazione della seconda parte dell’inchiesta di FanPage, il Tg1 ne ha dato la notizia, ma – nel farlo – ha scelto sapientemente di spostare l’attenzione sulle opposizioni. Nel dettaglio, il Tg1 ha titolato così la notizia: “Opposizioni attaccano Fratelli d’Italia”, come se il partito di Giorgia Meloni fosse vittima di un attacco ingiustificato.

Forse a Giorgia Meloni sfugge che si parla di regime quando a una giornalista non viene concesso di fare il proprio lavoro. Nello specifico, Serena Bortone, che non può essere licenziata dalla Rai in quanto giornalista dipendente del servizio pubblico, nel nuovo programma in partenza a settembre non potrà parlare di politica, né invitare esponenti di partito e opposizione.

In definitiva…

La verità è che Giorgia Meloni sa benissimo quando si parla di regime, ma – come sempre – fa quello che le riesce meglio: la vittima. E sa altrettanto bene quanto sia profittevole spostare l’attenzione dalla notizia al metodo: l’inchiesta riguarda il suo partito? Bene, allora lei afferma che «infiltrarsi nei partiti politici, riprenderne segretamente le riunioni e pubblicarle discrezionalmente» metta in pericolo la democrazia.

No, Meloni, in un Paese democratico, il giornalismo d’inchiesta che porta alla luce i nostalgici del ventennio non mette a rischio la democrazia. Semmai la democrazia è a rischio nel momento in cui a un giornale viene vietato di fare inchieste. Ma questo, per una Presidente del Consiglio che non riesce a dichiararsi antifascista, è un concetto piuttosto complicato, lo comprendo.

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