Morire oggi di sfruttamento! La storia di Satnam Singh, il bracciante agricolo indiano lasciato morire per un incidente sul lavoro!
Satnam Singh era un bracciante agricolo indiano lasciato morire in seguito a un incidente sul lavoro a Latina. Ecco tutta la sua storia e il nome dell’azienda
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Si può morire di lavoro per una paga da fame nel secolo dei social? Non bisogna andare molto lontano per raccontare di Satnam Singh, il bracciante agricolo indiano che ha perso la vita in maniera disumana, sfruttato per uno stipendio indecente. Ecco la sua storia!
Satnam Singh, chi era il bracciante lasciato morire a Latina?
Siamo nel 2024, nel decennio dove un influencer guadagna cifre da capogiro e un bracciante agricolo è costretto alla fatica quotidiana per circa tre euro all’ora, chinato sui campi da mattina a sera e sfruttato per poter portare a casa quel tanto per sopravvivere.
Satnam Singh, era originario dell’India, sbarcato in Italia dopo una traversata sul Mar Mediterraneo. Da tre anni era arrivato a Latina da Napoli e viveva con la moglie moglie Alisha in un rustico, accolto da due coniugi dell’agropontino.
Aveva trovato impiego in un’azienda agricola, sfruttato senza regolare contratto. Come lui, anche sua moglie.
Ecco tutta la storia di Satnam Singh
Sono le 17,20 di lunedì 17 giugno, una giornata calda e afosa, soprattutto in campagna. Satnam Singh è in una delle due squadre di otto persone, tutti indiani: sono nella loro quattordicesima ora di lavoro dall’inizio della giornata. Vuol dire che hanno iniziato alle 6.00 di mattina e, ininterrottamente hanno faticato nei campi agricoli per raccogliere quegli ortaggi che arrivano nelle nostre tavole a prezzi bassi. Tutti lavoravano senza regolare contratto.
Nella strada sterrata, il trattore tirava la macchina avvolgi-plastica e improvvisamente il braccio destro di Satnam Singh è finito incastrato dagli ingranaggi, mentre le gambe sono state lacerate. In men che non si dica l’arto superiore è stato letteralmente tranciato, tra urla strazianti di dolore.
Tra lo sgomento generale ha così inizio una barbara tragedia, fatta di un uomo morente che potrebbe essere salvato, di una moglie che grida disperata, di colleghi indiani braccianti agricoli che si vedono allo specchio. Il tutto sotto gli occhi di un caporale che non vuole denunciare quanto accaduto e che non ha nessuna intenzione di portare il suo lavoratore in ospedale. Gli sfruttatori avrebbero persino prelevato i cellulari di Singh, di Alisha e degli altri lavoratori per evitare di chiamare l’ambulanza e denunciare l’accaduto!
Il datore di lavoro di Satnam Singh non avrebbe chiamato i soccorsi ma lo avrebbe portato a casa sua con un furgoncino, lasciandolo davanti la porta con il braccio amputato buttato dentro una squallida cassetta per la raccolta degli ortaggi.
Sarebbero stati i vicini a chiamare il 118 e far arrivare l’ambulanza che ha portato Singh all’ospedale San Camillo di Roma, dove nei giorni seguenti l’incidente ha subito numerose operazioni. Purtroppo non ce l’ha fatta.
Chissà quali sogni di libertà e vita nuova avevano spinto Satnam Singh a lasciare la sua terra per cercare fortuna nelle campagne italiane! Chissà se Satnam Singh sognava una bella casa, un televisore nuovo, un pasto decente! Fatto sta che è morto, non come un essere umano, ma come un numero tra tanti.
Il nome dell’azienda
Satnam Singh lavorava da tre anni, con la moglie Alisha nell’azienda agricola di borgo Santa Maria, di proprietà della famiglia Lovato. Secondo quanto riportato dalla cronaca, l’impresa fattura circa due milioni di euro all’anno.
Dalla ricostruzione svolta da Repubblica, alcuni testimoni hanno confessato quando accaduto. In particolare, un testimone indiano presente nel momento dell’incidente, ha raccontato ai carabinieri. “Il signor Lovato non era in preda alla paura. Ha trovato il tempo di spegnere la macchina agricola, caricare il corpo di Satnam sul furgone, abbandonarlo davanti a casa. È andato a farsi una doccia, ha lavato il pullmino e cercato due avvocati. La moglie di Navi lo aveva pregato di portarlo in ospedale”.
Ilario Pepe, l’uomo che ospitava Satnam e sua moglie, ha aggiunto altri dettagli: “La moglie urlava “mio marito si è tagliato” e non capivamo. Ho incorso Lovato che andava via per chiedergli spiegazioni e ho capito che non voleva aiutarlo: ‘Non è in regola’, mi ha detto. Poi ho visto Satnam che a stento respirava, credevamo fosse morto ma poteva essere salvato”.
In provincia di Latina è noto a tutti che vivono da anni migliaia di braccianti indiani, spesso costretti a lavorare in condizioni di grave sfruttamento e minaccia, sotto i caporali. Purtroppo le istituzioni, in quei luoghi come in altre parti d’Italia, sembrano del tutto assenti poichè continuano a non intervenire.