Cosa è successo ad Alfredino Rampi? Perché il bimbo è così tristemente noto? Tutta la storia a seguire nell'articolo.
La storia di Alfredino Rampi è purtroppo tristemente nota in tutta Italia: il bambino precipitò in un pozzo alla periferia di Roma, nel quartiere Vermicino, e non fece più ritorno in superficie.
Cosa è successo? All’epoca, il bimbo aveva solamente 6 anni: il 10 giugno del 1981 si trovava insieme al padre e ad alcuni amici; fu proprio lui a perderlo di vista pochi secondi, allertando la famiglia immediatamente dopo e – insieme a loro – anche le Forze dell’Ordine. Dalle prime ricerche ci si rese subito conto che il bambino era precipitato in un pozzo aperto in un terreno vicino casa Rampi.
Lì, infatti, erano in corso i lavori per la costruzione di una nuova abitazione. Nonostante si fosse pensato subito a questa ipotesi, poco dopo venne scacciata, in quanto il pozzo presentava sul buco d’ingresso un pesante coperchio di lamiera. Emerse in seguito, però, che lo stesso era stato posizionato lì dal padrone del terreno successivamente alla caduta di Alfredino Rampi.
L’uomo, ovviamente, non poteva immaginare che proprio lì sotto ci fosse il bimbo. Intercettato dunque il punto dove il piccolo Alfredo sostava, i soccorsi fecero il possibile per tirarlo fuori dal pozzo. Ma, purtroppo, ogni tentativo risultò innanzi tutto complesso e poi fallimentare.
Tutta la storia di Alfredino Rampi
L’apertura del pozzo dove scivolò Alfredino Rampi era di soli 28 centimetri di larghezza, per una galleria profonda 80 metri e con pareti molto irregolari. La lampada, calata all’interno del buco, rivelò che il bimbo era fermo a 36 metri, bloccato in una rientranza. Il primo tentativo di salvataggio fu un vero e proprio disastro.
I soccorritori calarono all’interno del pozzo una tavola di legno legata a una corda, per permettere ad Alfredino di afferrarla e così tirarlo su. La corda, però, si spezzò e il pozzo divenne quindi ostruito. Nella notte, però, arrivano sul posto i tecnici Rai e grazie alla loro strumentazione permisero al bambino di comunicare con i suoi soccorritori.
Questo sarà il primo caso mediatico di cronaca nera: i telegiornali della ree nazionale iniziarono proprio da quel giorno le dirette dal quartiere Vermicino, raccogliendo un bacino di utenza pari a 8 milioni di spettatori. Un record fino ad allora mai raggiunto. Nel frattempo, però, Alfredino Rampi rimaneva all’interno del pozzo.
I tentativi di salvataggio
I tentativi per salvare il bambino furono tutti, purtroppo, fallimentari. Alfredino chiedeva da bere e iniziava a lamentarsi per la mancanza di spazio e ossigeno, alternando momenti di veglia al sonno più profondo. Dal 12 giugno, nella mattinata, cominciò a non rispondere più ai suoi soccorritori. La sera di quel giorno – grazie alle perforazioni orizzontali del terreno, atte a recuperare il minore – si arrivò proprio a 36 metri di profondità. Ma la scoperta fu a dir poco tragica.
Forse proprio a causa di quelle vibrazioni, la terra circostante fece cadere Alfredino Rampi ancora più in fondo, precisamente a 60 metri di profondità. L’unica soluzione rimanente, dunque, era calare qualcuno nella parte restante del pozzo, tentando, dunque, di recuperare il piccolo. Proprio in quel momento, dunque, si fece avanti un uomo di nome Angelo, che venne poi dichiarato tale anche di fatto. L’uomo è venuto a mancare qualche anno fa, a Roma, ricordando sempre la famiglia Rampi e il piccolo Alfredo.
L’intervento di Angelo Licheri
Nella triste storia di Alfredino Rampi arriva Angelo Licheri, altro protagonista indiscusso di questa triste vicenda. Lui, piccolo e magrissimo, riuscì a calarsi fino a 60 metri di profondità, raggiungendo finalmente il bambino. Per tre volte tentò di allacciare l’imbracatura al bambino, purtroppo però senza successo.
Nel tentativo di tirarlo fuori, infatti, questa ogni volta si apriva. A questo punto, vedendolo così, indifeso e minuscolo, Angelo decise di afferrare Alfredino per le braccia, facendolo erroneamente sprofondare ancora più giù. Licheri rimase dentro al pozzo per circa 45 minuti, andando ben oltre i 25 considerati per il recupero del bimbo.
Finalmente, a un certo punto, il signor Angelo raggiunse Alfredino all’alba del 13 giugno, dopo tre giorni di agonia all’interno del pozzo interrato. È in quel momento che purtroppo Licheri ne constata la morte. Oggi, come abbiamo accennato, l’uomo è deceduto, ma ha sempre ricordato il piccolo Alfredino Rampi. Di seguito una sua testimonianza video, registrata da FanPage.
L’autopsia sul cadavere
Il cadavere di Alfredino Rampi sarà recuperato solamente l’11 luglio, a un mese e un giorno dalla caduta nel pozzo. Il corpo del bambino fu recuperato all’interno di un blocco di ghiaccio creato per evitarne la decomposizione e rendere dunque possibile l’autopsia: da questa emerse che il bimbo aveva solamente un rene e soffriva di una particolare patologia cardiaca.
La nascita della Protezione Civile
La tragedia di Alfredino Rampi non fu inutile: sua mamma Franca, infatti, fece di tutto per rendere giustizia alla morte di suo figlio. A seguito di un incontro fra la donna e l’allora Presidente Sandro Pertini, lei raccontò tutti gli errori fatti nella speranza di salvare il bambino e fu evidente, quindi, che servisse un organo capace di gestire e coordinare eventi di questa portata.
Due mesi dopo, Perini stesso chiamò Franca Rampi al telefono, dicendole: “Dopo quello che è successo, e dopo la conversazione con lei, ho deciso di istituire un ministero della Protezione Civile”. A seguito della tragedia a Vermicino, dunque, nacque quella che oggi conosciamo come Protezione Civile.
Purtroppo, però, la famiglia Rampi – inconsolabile per quel dolore – non ha avuto una vita serena nemmeno dopo la morte di Alfredino Rampi. Il fratello del bimbo, minore di due anni rispetto al primogenito, è morto tragicamente a soli 36 anni, nel 2015, lasciando una giovane moglie e due figlie.