Ultimo, al secolo Niccolò Moriconi, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera: ecco una riflessione sulle sue dichiarazioni.
Ultimo, il cantautore romano, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della sera, che è – senza troppi giri di parole – una delle cose peggiori che mi sia mai capitato di leggere. Retorica, populismo, ignoranza, superficialità e un pizzico di furbizia, forse nemmeno troppo consapevole, sono gli ingredienti dell’intervista di Ultimo, al secolo Niccolò Moriconi.
In buona sostanza, il cantante ha detto che essere giovani, oggi, è «tremendo, perché sei senza punti di riferimento». Fin qui, al netto di un’affermazione approssimativa, nulla da eccepire. Il peggio, tuttavia, viene dopo, quando afferma di non aver mai votato in vita sua («Non dico sia giusto. Non me ne vanto, non me ne vergogno»), di non conoscere nessun giovane che vada a votare, che la colpa è della politica che è «scarsa. Non parla ai ragazzi e non ci prova neppure. Nemmeno a me che ho 28 anni, figuriamoci a un diciottenne», che è stufo della spaccatura tra destra e sinistra («Fascisti e comunisti: i giovani non ne possono più»).
Ora, se lui si arroga il diritto di parlare a nome dei giovani prendendo in esempio solo quelli che conosce lui, allora io parlerò di lui non in quanto singolo cittadino, il cui pensiero rimane confinato tra le quattro mura di casa, ma in quanto punto di riferimento per centinaia di migliaia di giovani. Così, quello che dice, che di per sé è grave, diventa persino pericoloso, perché la popolarità di Ultimo è un megafono che gli permette di arrivare a molti più giovani di quelli che conosce lui personalmente. E i giovani, oggi più che mai, non hanno bisogno di uno che dice che la «la politica è scarsa» perché si divide in «buonisti (la sinistra) e cattivi (la destra)».
Ultimo e la politica: tra stereotipi e assenza di coscienza sociale
Iniziamo dalla base: Ultimo non è un ragazzino, ma un uomo di quasi trent’anni. Ha un’età per cui il disinteresse verso la politica, quindi la scarsa conoscenza in materia, è una scelta, e non è da attribuire alla politica stessa che non coinvolge i giovani. Detto questo, le parole di Ultimo non solo non raccontano alcunché sui giovani italiani, ma ne restituiscono un’immagine brutta, superficiale e ovviamente parziale. I giovani che si interessano alla politica e si impegnano attivamente sono tanti, ma Ultimo ha scelto di mettere i propri limiti addosso a un’intera generazione. Generalizzando, e facendo leva sui soliti stereotipi che vogliono che i giovani siano disinteressati alla politica, ha rivelato la propria ignoranza, non quella degli altri. Non, certamente, quella di un’intera generazione.
È triste, oltre che preoccupante, che uno che si include tra i giovani faccia il gioco dei “vecchi”, ovvero di coloro che puntano il dito contro i più piccoli con il chiaro intento di deresponsabilizzarsi e attribuire a chi non ha voce (se non quella del dissenso, ma fare contestazione, in Italia, oggi è sempre più difficile) le colpe che dovrebbe assumersi. La narrazione è sempre la stessa: i giovani non hanno voglia di lavorare, di fare sacrifici, di mettere su famiglia, di avvicinarsi alla politica. Solo che Ultimo, alle colpe attribuite ai giovani, aggiunge un responsabile: la politica. Politica di cui, però, dimostra di non sapere assolutamente nulla, visto che riduce le «contrapposizioni che hanno stancato» in fascismo e comunismo, le due maggiori leader del momento in una che «a volte fatico a capire di cosa parla» (Schlein) e una che «non vedo affrontare quello che sta a cuore ai giovani» (Meloni).
In definitiva…
Insomma, Ultimo – di politica – non sa assolutamente nulla, non ha alcuna coscienza sociale, le sue parole dimostrano un totale distacco dalla realtà in cui vive (e in cui esiste il malessere dei giovani di cui si fa portavoce), tuttavia afferma di fare politica: «I cantautori fanno politica. Io nel mio piccolo penso di farla con le mie canzoni. “Dalla parte degli ultimi per sentirmi primo” è un verso politico». No, non lo è: è una bandiera, uno slogan, un motto molto furbo che avvicina la gente comune a un cantante che dice di far parte di quella gente.
Ma se stare dalla parte degli ultimi vuol dire attribuire loro i propri limiti, raccontarli come degli emarginati che non sanno nulla della società in cui vivono, non prendere alcuna posizione politica ma scegliere «l’alto» (dove per “posizione politica” si intende la scelta di sposare cause sociali e civili), allora Niccolò Moriconi non è ultimo per davvero, ma è Ultimo per brand.