Chiara Ferragni su L’Espresso: ma perché parlate di violenza sulle donne senza sapere cosa sia?

Il caso di Chiara Ferragni sulla copertina de L'Espresso dimostra che abbiamo un problema: molti non sanno cosa sia la violenza sulle donne.

L’assurda polemica del giorno riguarda l’inchiesta de L’Espresso su Chiara Ferragni. Udite, udite: Ferragni, in copertina in versione Joker, ha scatenato orde di utenti, sui social, che hanno accusato il settimanale di violenza. Sì, avete capito bene: per qualcuno, l’immagine dell’influencer truccata da clown è una violenza verso la donna Chiara Ferragni. Pensate che ci sono addirittura utenti che si sono sentite ferite e offese dalla cover de L’Espresso e che hanno preso le difese di Ferragni perché, a loro dire, è «un’immagine che lede la dignità di tutte le donne».

Mi pare evidente che si tratti di una polemica pretestuosa, inutile, oltre che profondamente ignorante, che ci mette di fronte a due problemi, entrambi molto gravi, a mio avviso.

Il primo: la gente non sa cosa sia la violenza sulle donne. Non sa che è sistemica e ha radici profonde, culturali, sociali. Non è il soggetto, in questo caso Ferragni, a rendere – una violenza – violenza sulle donne, ma è il motivo, la radice, la cultura che c’è dietro la violenza. Se si fa un’inchiesta su Ferragni e si mette in copertina la sua faccia modificata, non è violenza sulle donne per il solo fatto che Ferragni sia una donna. Si parla, semmai, dell’imprenditrice e del suo operato, il fatto che sia di sesso femminile non è determinante rispetto all’indagine e alla scelta della cover.

Il secondo: è molto grave che, di fronte a una inchiesta che mette in luce – cito testuali parole – “una rete ingarbugliata di società, una girandola di quote azionarie, tra partner ingombranti, manager indagati, dipendenti pagati poco, un impero dove la trasparenza non è di casa”, si parli di una foto di copertina. Foto – peraltro – sarcastica, irriverente, caricaturale, ampiamente usata per altri personaggi potenti, perlopiù uomini. Ecco, forse, cambiando prospettiva, si potrebbe dire che sia una conquista (amara, visto che dovrebbe essere routine) il fatto che in copertina ci sia una donna che ha potere. Parità di genere vuol dire proprio questo: trattare uomini e donne allo stesso modo, specie quando si mettono sotto accusa le azioni, non la persona (uomo o donna che sia). A mio avviso non c’è nulla di più sessista che trattare una donna in modo diverso solo perché è donna.

Proprio perché domani è l’8 marzo, è bene non scomodare la violenza sulle donne quando la violenza non c’entra un bel niente. Perché a mancare di rispetto alle donne è proprio chi ne parla a vanvera: siete voi a trattarle come se fossero esseri inferiori, dipendenti, subordinati agli uomini. Siete voi che mancate di rispetto a Chiara Ferragni e, stavolta sì, a tutte le donne.

Cos’è la violenza sulle donne?

Dal momento in cui, quotidianamente, ho molto a che fare con i social, mi sono accorto di un fatto tutt’altro che isolato: la gente non ha piena contezza di cosa sia la violenza sulle donne, di cosa si intenda con “fenomeno sistemico”, a cosa ci si riferisca quando si parla di violenza sui social. A parte quella evidente, che non lascia spazio a dubbi o interpretazioni diverse (parlo di femminicidi, stupri o violenza fisica), sul resto c’è poca consapevolezza.

Vi faccio degli esempi pratici, partendo dal recente caso di Chiara Ferragni. Fermo restando che le offese, le minacce e gli insulti vanno condannati sempre e a prescindere da chi sia la vittima (senza mai dare alla vittima la responsabilità della violenza subita), c’è da dire che ho letto molte frasi che rappresentano un pericolo, perché parlare a sproposito di violenza sulle donne vuol dire vanificare tutto il lavoro che, faticosamente, viene fatto ogni giorno per sensibilizzare la gente sul tema.

Le frasi in questione sono le seguenti: «Basta attacchi verso una donna», «Questo è un vero e proprio accanimento verso una donna», «Poi parlate tanto di violenza sulle donne, ma guardate quello che state facendo a Chiara Ferragni». Questi sono solo alcuni esempi, ma bastano a mettere in luce un problema: la gente confonde le accuse, i giudizi e spesso, purtroppo, la violenza verso una persona con la violenza contro le donne, che è ben altra cosa, perché è sistemica e ha radici profonde, culturali, sociali, come dicevamo prima. Ribadiamolo: non è il soggetto a rendere – una violenza – violenza sulle donne, ma è il motivo, la radice, la cultura patriarcale che c’è alla base.

Il caso di Chiara Ferragni

Mi spiego ancora meglio: Chiara Ferragni è finita sotto accusa perché ha ricevuto una multa da un milione di euro dall’antitrust e, successivamente, perché è stata indagata per truffa aggravata; i giudizi e le accuse che le vengono rivolti non hanno niente a che vedere con il suo sesso, non sono determinati dal fatto che sia una donna, ma fanno riferimento a ciò che lei (presumibilmente) ha fatto.

La violenza sulle donne è ben altro, ha radici culturali e sociali molto profonde, si basa su stereotipi di genere ben saldi nel nostro senso comune e nel nostro linguaggio, per questo rischiano di essere riprodotti inconsapevolmente. Inoltre, si parla di fenomeno sistemico, strutturale e quindi reiterato perché, storicamente, la violenza contro le donne nasce dalla disuguaglianza con l’uomo, che ha portato alla sua dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti. La natura strutturale della violenza sulle donne è tale perché si basa sul genere.

Ecco, tutto questo per dire che Chiara Ferragni non è vittima di violenza contro le donne. L’odio che riceve, ovviamente, non è meno grave o giustificabile per il fatto che sia indagata per truffa aggravata, ma non viene da una radice culturale e sociale. Chiarire questo vuol dire avere rispetto per tutte le donne vittime di violenza, la cui sola colpa è quella di essere donne.

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