Per giorni e giorni, Paola Cortellesi è stata al centro di una vera e propria shit storm, per via di un monologo che ha fatto discutere.
Qualche giorno fa, sul web hanno iniziato a circolare alcuni stralci – del tutto decontestualizzati – di un discorso tenuto da Paola Cortellesi all’università Luiss di Roma, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. In tutta onestà, già quei frammenti mi erano apparsi sensati: l’intenzione di Cortellesi, a mio avviso evidente, era fare una riflessione sul modo in cui siamo cresciuti.
Già da quei frammenti, insomma, era chiaro che parlasse degli stereotipi sessisti nelle fiabe e di come intere generazioni siano cresciute con esempi di donne principalmente belle, ingenue e non in grado di salvarsi da sole. Donne che non sono nemmeno la metà della mela, ma forse solo un quarto. Il resto, ovviamente, lo fa l’uomo: è l’uomo che le sceglie, le vuole, le cerca, le trova e le sposa. Ma, soprattutto, le salva.
Paola Cortellesi e il video della discordia
Oggi, il video del monologo è disponibile e a me sorge spontanea una domanda: chi l’ha insultata, offesa, svilita, non prova nemmeno un po’ di sana e ragionevole vergogna? Il discorso di Cortellesi, fortemente ironico, amaro, provocatorio, potente seppur estremamente chiaro e fruibile, invita i giovani a riconoscere i luoghi comuni e gli stereotipi che hanno costruito la cultura maschilista e patriarcale in Italia. Niente più di questo.
In questi giorni, prima per il caso Pedretti, poi per quello di Fedez (che ha mostrato la foto di un suo presunto hater, ma era la persona sbagliata), si parla tanto di gogna mediatica e di quanto sia pericoloso dare una persona in pasto ai social. Ecco, con Paola Cortellesi è successo esattamente questo. Ma stavolta c’è persino un’aggravante: Cortellesi è stata giudicata prima ancora che il video venisse diffuso, quindi prima di conoscerne il reale contenuto.
Questo fatto, oltre che gravissimo, conferma quello che penso da tempo, ormai: crediamo, erroneamente, di non essere attori del web, ma solo spettatori. Crediamo, erroneamente, che da una parte ci siano i due protagonisti della storia (in questo caso Cortellesi e i giornalisti che per primi l’hanno attaccata) e in mezzo noi, pubblico, che possiamo fare un po’ quello che ci pare, perché «c’è libertà di espressione», «è famosa quindi deve aspettarsi le critiche», «sui miei social posso dire quello che voglio»: insomma, crediamo di poter insultare, puntare il dito, offendere, tanto siamo solo pubblico. E invece no, siamo attori tanto quanto gli altri e abbiamo una responsabilità precisa verso gli altri e verso noi, perché quello che diciamo, in fondo, definisce noi, non la persona a cui ci rivolgiamo.
Uomini contro le donne: Cortellesi ha colto nel segno
In ogni caso, il fatto che Cortellesi abbia pienamente ragione e abbia colto nel segno, lo dimostra la reazione di alcuni uomini piccoli e spaventati, che evidentemente si sono sentiti minacciati dalle sue parole. Cruciani, ad esempio, ha definito il discorso di Cortellesi una «puttanata colossale». Non solo: come spesso fanno certi uomini, ha tentato anche di depotenziarla e delegittimarla, presentandola come «Paola Cortellesi, famosa attrice, regista, forse produttrice… ormai tutti fanno tutto».
Insomma, gli insulti a Cortellesi erano basati sul nulla, anzi, per l’esattezza sulla malafede di chi ha estrapolato qualche frase per delle inutili e dannose guerriglie ideologiche. Dico dannose perché, mentre Cortellesi indicava il pericolo del sessismo, loro difendevano Biancaneve. Voi difendevate Biancaneve. Che spreco sciupare la propria intelligenza così.