Ma la violenza sugli uomini esiste oppure no? Proviamo a rispondere a questa domanda e a spiegare perché non è un fenomeno sistemico.
Ogni volta che si parla di violenza sulle donne, arriva puntuale lo scemo del villaggio che dice «Perché non si parla mai della violenza sugli uomini?», «Quindi la violenza sugli uomini va bene e quella sulle donne no?», «Anche gli uomini subiscono violenza».
Dunque, rispondiamo agli scemi del villaggio: la violenza sugli uomini non esiste. Mi spiego meglio: la violenza sugli uomini non esiste in quanto fenomeno sistemico, dunque non è legata a un retaggio culturale e sociale. Esiste in casi isolati. Magari questi casi sono migliaia, ma casi restano.
È giusto parlarne? Certamente. È giusto combatterla? Ovviamente sì. La violenza sugli uomini è paragonabile a quella che subiscono le donne? No. Ha senso fare un confronto? No. E vi spiego il perché.
Che differenza c’è tra violenza che subiscono le donne e gli uomini?
La violenza sulle donne ha radici antiche e profonde, nasce da un’idea di subordinazione, secondo cui la donna esiste in quanto accessorio dell’uomo. La violenza sulle donne deriva da comportamenti che nei secoli sono stati normalizzati e, dunque, difficili da estirpare. Nasce dal patriarcato: quello che per l’uomo è sempre stato un diritto, per la donna è stato una conquista.
Non solo: quando parliamo di violenza, non ci riferiamo soltanto a dinamiche familiari, in cui il marito picchia o denigra la moglie, ma a uomini che stuprano le donne, a donne violentate che non ottengono giustizia, a donne violentate che vengono giudicate e offese dall’opinione pubblica («Secondo me le è piaciuto», «Per com’era vestita se l’è cercata», «Poteva starsene a casa a quell’ora»).
Ci riferiamo a donne che perdono il lavoro se restano incinte, a donne che percepiscono uno stipendio più basso rispetto agli uomini per la sola “colpa” di essere donne, costrette a creare le cosiddette quote rosa per poter far sentire la propria voce, accusate di essere andate a letto con l’uomo giusto se ottengono un successo professionale.
Ci riferiamo a donne che, quando fanno un colloquio di lavoro, devono rispondere alla domanda «Ha intenzione di fare un figlio?». Ci riferiamo a donne che vengono etichettate come «troia» soltanto perché hanno avuto più relazioni (non esiste un corrispettivo maschile di “troia”, questo la dice lunga).
Ci riferiamo a donne che vengono offese e mortificate se non rispondono a un preciso canone estetico. Ci riferiamo a donne considerate apparati riproduttivi. Ci riferiamo a bambine abusate e date in sposa a uomini adulti. Ci riferiamo a donne vendute. Ci riferiamo a donne uccise per la colpa di essere esseri pensanti. Ci riferiamo a donne che hanno dato la vita per la dignità delle altre donne.
Avete ancora il coraggio di dire «Alla violenza sugli uomini non ci pensa nessuno»? Certo che ci pensiamo, ma punire un caso di violenza è facile, cambiare una cultura lo è certamente di meno, la storia lo dimostra. Per rispettare le donne, dunque, smettiamo di dire «Quindi la violenza sugli uomini va bene e quella sulle donne va condannata?».