L’ipocrisia della Polizia di Stato, il post su Giulia Cecchettin travolto dalle testimonianze di migliaia di donne

Il post della Polizia di Stato sul femminicidio di Giulia Cecchettin inondato di testimonianze di donne che denunciano le forze dell'ordine

Si pensa che basti un post contro la violenza sulle donne, una frase in corsivo o in grassetto, una foto della vittima, una ri-condivisione, magari una canzone, per fare la propria parte. Lo ha pensato anche chi gestisce il profilo Instagram della Polizia di Stato, senza poter immaginare minimamente quale sarebbe stata la reazione delle donne.

Sull’account è stato pubblicato un verso della poesia dell’attivista peruviana Cristina Torres Caceres, divenuta virale dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. Il verso recita: “Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”. E nella didascalia, la Polizia ha commentato: «Questi versi ci ricordano, oggi più che mai, l’importanza di essere uniti nel combattere la violenza sulle donne. Ricordate, se #questononèamore non siete sole. Insieme per l’eliminazione della violenza di genere».

Il post della Polizia di Stato sotto attacco di migliaia di donne

Tuttavia, l’effetto ottenuto è stato ben diverso da quello sperato. Molti utenti hanno accusato la Polizia di uno speculativo “pinkwashing”, definendo l’iniziativa una sorta di operazione di marketing volta a migliorare l’immagine dell’istituzione. Il post ha scatenato migliaia di commenti da parte di donne che hanno condiviso le proprie esperienze negative con le forze dell’ordine in situazioni di violenza domestica.

Un utente ha raccontato un’esperienza in cui un individuo la seguiva per strada di notte e, chiamando la polizia, ha ricevuto risposte poco sollecite. Un’altra utente ha denunciato di essere stata apostrofata malevolmente dopo essere stata aggredita. Altri racconti hanno evidenziato inadeguate risposte della polizia in situazioni di pericolo, tra cui stalking, violenza fisica, e minacce.

Una voce ha affermato che Giulia sarebbe ancora viva se la polizia avesse intervenuto prontamente dopo una chiamata di testimone, mentre altri hanno menzionato casi di femminicidio in cui le misure restrittive erano state violate. L’accusa principale è stata quella di non aver affrontato adeguatamente il problema della violenza di genere, diventando così una delle cause principali del persistere di tale fenomeno.

Commenti disattivati e poi ri-attivati

Dopo le prime e continue testimonianze, rilasciate dalle donne nei commenti, chi segue il profilo della Polizia di Stato ha deciso di disattivare la possibilità di commentare il post. Peccato che questa scelta abbia scatenato ancora di più l’opinione generale. E per questo motivo – puff – dopo poco l’account è tornato sui suoi passi rendendo nuovamente possibili i commenti, che continuano ad aumentare.

Le testimonianze riportate svelano una serie di mancanze percepite nell’operato delle forze dell’ordine in situazioni di violenza, evidenziando la necessità di un cambiamento sistemico e di una maggiore sensibilità nell’affrontare questi gravi problemi sociali. Se non siete la soluzione al problema, siete anche voi il problema. E no, non basta un post. 

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