Giorgia Meloni, per rispondere a Lilli Gruber, che l'ha definita l'espressione del patriarcato, ha pubblicato un post inappropriato.
Partiamo dai fatti. Pochi giorni fa, durante una puntata di Otto e Mezzo, la giornalista Lilli Gruber ha detto «Meloni ci tiene a essere chiamata ‘il’ e non ‘la’ presidente del Consiglio. Sarà anche questa una cultura di destra patriarcale?».
Giorgia Meloni, per rispondere a Gruber, ha pubblicato un post su Instagram: «La nuova tesi di Lilli Gruber è che io sarei espressione di una cultura patriarcale», ha scritto. A corredo del testo, e nel maldestro e inefficace tentativo di smentire tale tesi, Meloni ha postato una foto di qualche anno fa in cui compare con la figlia Ginevra, la madre Anna e la nonna Maria.
Di cose da dire ce ne sono tante, ma la prima che mi viene in mente è quasi ovvia (almeno mi auguro che lo sia per chiunque abbia letto il suo post): rispondere all’accusa di essere espressione di una cultura patriarcale con un’immagine di quattro donne significa essere ignorante, nel senso più compiuto del termine, perché ignora il senso delle parole di Gruber e il significato del termine “patriarcato”. Ma siccome so, sappiamo che non è così, credo che la risposta di Meloni sia dettata dal fatto che conosca perfettamente l’elettorato a cui si rivolge.
Meloni sa bene chi è che la vota, sa che utilizzare la (sua) famiglia, la storia del presunto abbandono di suo padre e l’atteggiamento da vittima fa breccia nel cuore di chi, e in questo caso per davvero, ignora il senso delle parole di Gruber e il significato della parola “patriarcato” (perché ne è vittima, innanzitutto).
Giorgia Meloni è il patriarcato e vi spiego perché
Ma veniamo a noi e spieghiamo perché il post di Meloni è totalmente fuori luogo, fuorviante e furbo (per chi, ripeto, non ha gli strumenti per capirne l’inadeguatezza): il fatto che sia cresciuta senza un padre, quindi in una famiglia di sole donne, e che abbia avuto una figlia femmina non significa assolutamente nulla e non fa, di lei, una immune dalla cultura patriarcale. Anzi.
Non solo: ancora una volta strumentalizza la sua famiglia per fini propagandistici. L’aveva già fatto quando aveva annunciato la separazione da Giambruno, pubblicando una foto della figlia Ginevra, e – anche in quel caso – aveva fatto la vittima (non di Giambruno, ma di presunti nemici che «hanno sperato di indebolirmi»).
Meloni sostiene di non essere espressione di una cultura patriarcale, ma vediamo cosa ha fatto in un solo anno di presidenza del Consiglio: innanzitutto ha esplicitamente chiesto di essere chiamata “il” e non “la” Presidente del Consiglio, è contro l’aborto, ha affossato la parità salariale, ha alzato l’iva su assorbenti e pannolini, ha votato contro la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, ha detto che «una donna che mette al mondo almeno due figli offre al Paese un grande contributo» e infine ha difeso il lupo Giambruno dicendo che le ragazze possono evitare la violenza se tengono gli occhi aperti (attribuendo alle vittime, quindi, la corresponsabilità di una violenza).
Ora, alla luce di tutto questo, qualcuno ha il coraggio di dire che Giorgia Meloni non sia la più pericolosa espressione del patriarcato?
Giorgia Meloni è il patriarcato. È il male peggiore che potesse capitare alle donne di questo Paese.