Sapete perché Elena Cecchetin, sorella di Giulia, fa così tanta paura a uomini, donne e ministri? No, non è certo per colpa di Satana
Giulia Cecchettin, a 22 anni, è stata uccisa dal fidanzato Filippo Turetta. Si tratta della vittima numero 105 di femminicidio in Italia nel 2023. La sorella Elena Cecchettin, dalla scomparsa al ritrovamento del cadavere, fino all’arresto dell’assassino, è stata portavoce del potente dolore che attanaglia un familiare che vive un lutto di questa portata, ma non solo. La sorella di Giulia Cecchettin è stata voce attenta e puntuale del fenomeno sistemico che ha ucciso 106 donne (perché nel breve frattempo il numero è salito) attraverso le mani degli uomini che lo hanno messo in pratica.
Giulia Cecchettin è la vittima, nonostante si riesca a cucirle addosso le solite colpe, figlie della vittimizzazione secondaria: «Non doveva incontrarlo», «È stata ingenua», «I segnali sicuramente c’erano» e così via dicendo. Filippo Turetta è l’assassino, nonostante si continui a discolparlo: «Si è trattato di un raptus», «La amava, le faceva i biscotti», «È un bravo ragazzo». Il patriarcato è la matrice di questo e di tutti i femminicidi, nonostante ci si ostini a rivendicare la sua inesistenza: «Non è colpa della società», «Non tutti gli uomini sono assassini», «In Italia non sono poi così tanti i femminicidi».
Perché Elena Cecchettin vi fa paura?
Discorsi che, purtroppo, mastichiamo da sempre e che stiamo imparando a risputare fuori prima dell’intossicazione. Ma la storia di Giulia Cecchettin ha mostrato un’altra sfumatura marcia. Lo ha fatto presentando il trattamento che è stato riservato alla sorella.
Elena Cecchettin è tante cose: una donna, una femminista abile, una familiare che sta vivendo un lutto in maniera attiva. Tutti elementi che danno fastidio al patriarcato e ai suoi esponenti consapevoli o meno.
Ma non solo quel che è risulta un problema. Lo è anche quello che non è. Elena Cecchettin non rappresenta l’immaginario canonico della sofferenza. Al pianto pubblico o al silenzio ha sostituto la forza delle parole. Al posto della disperazione (che comunque vive) ha dato spazio alla rabbia costruttiva, legittima e necessaria. E con il rischio di scadere nel superficiale – per i superficiali – aggiungerò un altro dettaglio che non piace: non è una ragazza acqua e sapone. Il suo profilo Instagram non piace, le sue parole non rassicurano, i suoi vestiti non convincono.
Non è Satana il problema
Ormai è prassi: quando il fondo sembra essere irrimediabilmente raggiunto, arriva sempre un esponente della Lega a continuare a scavare. Il prodigo esploratore degli abissi del peggio, in questo caso, è il consigliere regionale eletto nella lista Zaia, Stefano Valdegamberi che sulla vicenda e sull’impeccabile discorso di Elena Cecchettin ha ritenuto opportuno scomodare Satana:
«Ho ascoltato a Dritto e Rovescio le dichiarazioni della sorella di Giulia. Posso dire che non solo non mi hanno convinto per la freddezza ed apaticità di fronte a una tragedia così grande ma mi hanno sollevato dubbi e sospetti che spero i Magistrati valutino attentamente. Non condivido affatto la dichiarazione che ha fatto. Mi sembra un messaggio ideologico, costruito ad hoc, pronto per la recita. E poi quella felpa con certi simboli satanici aiuta a capire molto…spero che le indagini facciano chiarezza. Società patriarcale?? Cultura dello stupro?? Qui c’è dell’altro? Basta andare a vedere i suoi social e i dubbi diventano certezze. Il tentativo di quasi giustificare l’omicida dando la responsabilità alla “società patriarcale”. Più che società patriarcale dovremmo parlare di società satanista, cara ragazza. Sembra una che recita una parte di un qualcosa predeterminato e precostituito. Forse mi sbaglio ed è solo la mia suggestione… (le foto che pubblico sono tratte dal profilo facebook della sorella intervistata e sono molto significative)».
Seguono poi foto recuperate dal profilo di Elena Cecchettin, definita “frequentatrice di centri sociali e delle bestie di Satana”, e alla quale il consigliere leghista rivolge le sue domande più acute: «Cara ragazza questo cos’è? Lo chiedo a te, sorella della vittima? Perché si trovano sul tuo profilo? Strane coincidenze?».
Un altro esponente della Lega che fa complotti ridicoli e parla del nulla? Strane coincidenze?
Insomma, il complotto satanista in risposta al patriarcato non ce lo aveva ancora servito nessuno. Eravamo abituate al giudizio sulle gonne troppo corte, ma quello sui simboli che appaiono sulle felpe che indossiamo, parlando di una sorella uccisa, è un livello che ancora non avevamo raggiunto.
E tu, se stai leggendo. Tu che sei andato o andata a tua volta a guardare il profilo di Elena Cecchettin e hai storto un po’ il naso di fronte alle sue foto. Che hai pensato «beh, certo però non si può negare che quello sia il simbolo del diavolo». Che hai pensato che non stia soffrendo abbastanza, perché le donne che soffrono piangono al buio di una stanza. Tu sei il male. Sei esattamente il peggio e cambierebbe poco se andassi in giro con una stampa di Gesù bambino dal collo alla vita.
E aggiungo: Elena Cecchettin, per quanto mi riguarda, potrebbe essere Satana in persona. Tenere le chiavi dell’inferno nella tasca della felpa e bruciare anime come hobby nel weekend. E comunque, neanche questo, avrebbe nulla a che fare con quello che ha detto. Niente potrebbe spostare di una virgola la perfezione delle sue parole sul patriarcato. Niente cambierebbe il fatto che, come sua sorella e come tutte, è vittima di questa società malata e ignorante.
Sulla sua felpa ci sarà Satana, ma è nelle vostre menti e nelle vostre intenzioni il male. Ma lo abbiamo già detto: bruceremo tutto. Prendendo spunto dall’inferno.