A Roma il dirigente di un museo molesta una dipendente, lei lo denuncia: la folle decisione dei giudici «Assolto, lei ha complessi sul peso»

Roma, molestie in un Museo, giovane dipendente di 20 anni denuncia il dirigente: assolto perché lei '«è complessata per il suo peso»

Il modo in cui vengono gestite le storie di violenza sulle donne acquistano sempre di più le sembianze del teatro dell’assurdo: a Roma, una giovane donna di 20 anni ha denunciato le molestie subite da parte del suo capo, dirigente di un museo; i giudici lo assolvono imputando la colpa alla dipendente che sarebbe ”complessata per il suo peso”. Preparatevi, c’è da incazzar*i.

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Una donna denuncia le molestie esplicite da parte del suo capo. E cosa succede? La situazione si ribalta, come sempre. Sarebbe colpa della donna. Lei sarebbe complessata per il suo peso che non le permette di essere lucida e leggere la realtà dei fatti. Vi avviso questa storia fa schifo e non ha il minimo senso. Le colleghe? Minimizzano: «È solo un giocherellone». Grazie sorelle, sarà per un’altra volta.

Roma, la denuncia di una dipendente al dirigente di un museo: cosa è successo?

All’inizio del 2019, la giovane donna inizia la sua avventura lavorativa nel museo con speranza e entusiasmo. Tuttavia, ben presto, si trova ad affrontare attenzioni indesiderate da parte del suo capo, che la mettono a disagio. Le sue espressioni volgari e i riferimenti sessuali la fanno sentire a disagio e creano un ambiente ostile, per intenderci frasi come «Quanto mi arrapi». Vengono descritte delle molestie molto gravi, che non lasciano spazi a fraintendimenti o possibili giustificazioni. Di seguito i dettagli.

Molestie: cosa le faceva? Spoiler: non c’entra nulla il peso (e come potrebbe?)

La situazione peggiora quando il dirigente la blocca in angoli nascosti e la palpeggia su fianchi, schiena e pancia con frasi inappropriate. Il tempo passa, ma la situazione non migliora.

Secondo il capo di imputazione: «la bloccava in un angolo e le palpeggiava come al solito fianchi, schiena e pancia dicendo “dai fammi toccare ancora un po’…”».

In un’altra occasione mentre si trovava in un magazzino dei cataloghi, nonostante cercasse in ogni modo di non restare sola con lui «L’uomo la afferrava da dietro e iniziava a palpeggiarle i fianchi e la pancia quindi, appoggiandosi a lei, le sniffava i capelli e sussurrava ansimando…».

Un nuovo assalto è avvenuto durante una cena con i colleghi: «Iniziava a toccarla sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere, a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca».

La reazione delle colleghe del Museo alle molestie

Disperata, la giovane donna decide di confidarsi con le sue colleghe. Tuttavia, al processo, quest’ultime ridimensionano le colpe del dirigente, definendo il suo comportamento “giocherellone”, cercando così di minimizzare la gravità delle azioni. Anche il fatto che il dirigente facesse il solletico alla donna viene quasi giustificato, aggiungendo ulteriore frustrazione e senso di impotenza.

Il dirigente, durante il processo, adotta una linea di difesa subdola. Accusa la giovane donna di essere sessualmente attratta da lui, cercando di ribaltare la situazione e farla passare per colpevole. Questo cinico tentativo mette ulteriormente in discussione il sistema giudiziario, che sembra dare credito alle argomentazioni dell’imputato a scapito della vittima. I giudici assolvono l’uomo con la seguente ridicola spegazione:

«Non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente».

Molestie museo di Roma: la speranza nel ricorso in appello

Nonostante la dolorosa assoluzione del dirigente, la giovane donna non si arrende. La Procura decide farà appello, e lei è determinata a portare avanti la sua lotta per ottenere giustizia. Con coraggio e determinazione, continua a cercare la verità, sperando che alla fine la giustizia prevarrà e che le vittime di molestie sul luogo di lavoro possano trovare la protezione e la tutela che meritano.

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