Patrick Zaki condannato a tre anni di carcere in Egitto, arrestato in Tribunale tra le urla della madre e della fidanzata: tutta la storia
La condanna a Patrick Zaki è una violenza alla libertà di espressione; lo attendono altri 14 mesi di carcere, oltre ai 22 già scontati a seguito della condanna da parte dei giudici del Tribunale egiziano di Mansura: «Aiutatemi» è stato il disperato appello mentre veniva riportato in carcere direttamente dal tribunale. È tempo che l’Italia alzi finalmente la voce. Scopriamo la sua storia, i motivi dell’arresto e perché è così difficile fare giustizia.
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Zaki è stato arrestato in Egitto nel 2020 con l’accusa di diffusione di notizie false per un articolo che aveva scritto nel 2019. L’articolo riguardava un attentato dell’Isis e due casi di discriminazione ai danni dei copti, i cristiani d’Egitto. Secondo la Procura dell’Egitto il ragazzo ha diffuso false notizie sul suo Paese. Perché tutto questo? Perché Zaki è attivo nel sostenere i diritti umani, denunciando ogni forma di repressione. La sentenza, emessa direttamente in tribunale non è soggetta ad ulteriori appelli. La condanna di Patrick Zaki solleva indignazione e preoccupazione a livello internazionale e dimostra le difficoltà e le complessità del sistema legale egiziano.
Patrick Zaki chi è e cosa ha fatto? Che non sia italiano non è importante: riassunto della sua storia
Patrick Zaki ha 32 anni, è nato a Mansura, in Egitto, il 16 giugno 1991. All’anagrafe l’attivista egiziano è registrato con il nome completo di Patrick George Zaki. Ed è nato da genitori di religione cristiana ortodossa copta.
Ha studiato nella capitale dell’Egitto, Il Cairo, dove si è laureato in farmacia presso la German University. In occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018, Zaki è stato uno degli organizzatori della campagna elettorale di Khaled Ali, l’avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani. A seguito di parecchie denunce del clima di intimidazione e di numerosi arresti dei suoi collaboratori. è stato costretto a ritirare la sua candidatura.
Dall’autunno del 2019 Patrick Zaki si trovava in Italia per frequentare un master universitario in studi di genere, presso l’Università di Bologna. Il 7 febbraio successivo, nel 2020, il ragazzo è ritornato in Egitto per visitare i suoi parenti. Appena atterrato all’aeroporto de Il Cairo, alle ore 4 del mattino, è stato catturato dagli agenti dei servizi segreti egiziani.
Nelle ventiquattro ore successive non sono trapelate sue notizie ai suoi familiari. Due giorni dopo, il 9 febbraio, a informare del suo arresto, è stata l’Egyptian Initiative for Personal Rights, l’associazione di cui Zaki faceva parte.
L’arresto di Zaki, studente dell’Università di Bologna, ha suscitato enormi mobilitazioni in seno alla società civile e alla politica italiana, ricevendo anche notevole attenzione mediatica, non soltanto in Italia ma anche all’estero. Molte città italiane, nel corso del tempo, hanno gli hanno concesso la città onoraria. Tra le altre, Bologna, Roma, Milano, Taranto, Crotone.
Nel mandato d’arresto sono stati formulati diversi capi d’accusa: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo.
L’avvocato di Zaki ha divulgato la notizia che il suo assistito è stato bendato e torturato per 17 ore consecutive dalle forze di sicurezza egiziane, ricevendo con colpi allo stomaco, alla schiena tramite scariche elettriche. Nell’interrogatorio si è fatto riferimento al motivo della sua permanenza in Italia, di un suo presunto legame con la famiglia di Giulio Regeni e del suo impegno politico. Zaiki, inoltre, è stato minacciato di stupro.
Il verdetto e le conseguenze: perché non è tornato in Italia?
Dopo undici udienze del processo, la sentenza è stata emessa. I giudici hanno deciso che Patrick Zaki dovrà scontare tre anni di carcere in Egitto. Al termine del processo, Zaki è stato arrestato direttamente in tribunale. I suoi legali hanno confermato che sarà trasferito alla stazione di polizia di Gamasa e successivamente al carcere. La madre e la fidanzata di Zaki, presenti in aula, hanno assistito impotenti all’arresto.
Patrick Zaki, pur essendo libero durante l’attesa della sentenza, è rimasto in Egitto, senza poter lasciare il paese. Il ragazzo si è presentato al tribunale di Mansura nella speranza di una conclusione positiva del processo che gli avrebbe permesso di tornare a viaggiare normalmente. Purtroppo, le sue speranze sono state infrante dalla terribile sentenza che lo ha riportato in carcere. Anche i diplomatici stranieri presenti a Mansura, nel contesto di un programma di monitoraggio europeo e su impulso dell’ambasciata italiana al Cairo, hanno assistito impotenti alla situazione.
Da quanto tempo va avanti?
Il caso giudiziario di Patrick Zaki è iniziato con il suo fermo il 7 febbraio 2020 e l’arresto formale il giorno successivo. Da allora, la vicenda si è protratta per tre anni e mezzo, di cui quasi un anno trascorso in carcere. Il processo è stato caratterizzato da numerosi rinvii e complicazioni burocratiche, causando un’attesa frustrante per Zaki. La prima liberazione, avvenuta in seguito a proteste e pressioni internazionali, è stata possibile solo grazie agli sforzi dell’Italia, dove Zaki stava studiando.
La sentenza senza appello
I tre giudici che si sono alternati alla guida del processo hanno continuamente rinviato udienze e sentenze per questioni tecniche, prolungando l’agonizzante attesa. La sentenza sarà inappellabile, come stabilito dal giudice monocratico della Corte della Sicurezza dello Stato. Non ci saranno, dunque, ulteriori possibilità di discussione in tribunale.
Questa condanna è un sopruso inaccettabile e un atto di repressione. La sottratta libertà di Patrick Zaki rappresenta la libertà di tutti. Non dimentichiamocene. E che non se ne dimentichi neanche la politica italiana.