Pino Insegno e di Ainett Stephens, nonostante sia chiaro che il ruolo della gatta nera dovrebbe essere morto, parliamo di doppio standard...
Torna Il Mercante in fiera su Rai 2 e questo già la dice lunga sul contesto televisivo italiano e sul suo rinnovamento; insieme al programma torna il suo storico conduttore Pino Insegno e – ahinoi – potrebbe tornare anche la gatta nera che però non potrà più essere Ainett Stephens, giudicata ”troppo vecchia” per quel ruolo. Partiamo da una premessa sostanziale: che una donna qualsiasi, giovane o meno giovane, venga vestita di latex e messa muta all’interno di uno show, non è esattamente una situazione da rivendicare o di cui voler fare parte. Ma anche qui, ricorre fare una certa attenzione sulla libera scelta di ogni donna di fare del suo corpo quello che vuole e accettare i lavori che preferisce. Ma non sarà questo l’articolo in cui ne discuteremo.
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Quello su cui vogliamo soffermarci è l’accusa legittima di age shaming, partita da Ainett Stephens, e l’evidente doppio standard che continua a dividere uomini e donne in ogni contesto lavorativo. E no, non è questione di potersi ancora ”permettere” un ruolo, piuttosto che un altro in base all’età. Si tratta di una evidente disparità, sempre più radicata e interiorizzata nel pensiero comune. Facciamo ordine e cerchiamo di capire il caso, passo per passo.
Le dichiarazioni di Pino Insegno: cosa ha detto?
Durante un’intervista con DavideMaggio.it, Pino Insegno è stato interrogato sulla possibile partecipazione di Ainett Stephens per il ritorno del suo storico programma televisivo. In risposta, Insegno ha affermato che la “Gatta Nera” sarebbe diventata un po’ troppo grande per riprendere parte allo show.
«Ovviamente ci sarà la Gatta Nera, la stiamo cercando. Ainett è diventata un po’ più grande, sono passati tanti anni, resta indimenticata icona di quel programma».
Oggi Pino Insegno, furbo come una faina, ha deciso di precisare che non ci sarà alcuna gatta nera all’interno del programma. E questo è un respiro di sollievo per tutti, indipendentemente dal motivo ruffiano che ha spinto il conduttore a eliminare quel ruolo, dopo le aspre critiche ricevute. Ma non possiamo limitarci a chiudere qui e così il discorso.
L’accusa di age shaming e la reazione di Ainett Stephens
Le parole di Insegno riguardo all’età di Ainett Stephens hanno scatenato una controversia e critiche, con accuse di age shaming, ovvero discriminazione basata sull’età. Inizialmente, Stephens sembrava evitare di alimentare la polemica, ma successivamente è intervenuta sui social per rispondere duramente alle dichiarazioni del collega, esigendo delle scuse. Ha sottolineato il potere delle donne di esprimersi liberamente e ha ribadito la sua sicurezza e il suo fascino, dichiarandosi più viva che mai.
«Chi è incaricato di presentare la trasmissione (Pino Insegno, ndr) in questione ha fatto un comunicato (in realtà trattasi di intervista, Ndr) dicendo che non mi ha riconfermata perché sono invecchiata. Oggi come oggi abbiamo il potere di esprimerci, abbiamo le nostre proprie idee, non viviamo più soggiogate dai maschietti. Tutta questa situazione di benessere, di cui possiamo godere oggi noi donne, sicuramente è andata a giovare il nostro aspetto fisico e anche a livello mentale. Siamo più radianti. Quindi io mi sento più viva che mai, più fresca che mai, più affascinante che mai. Quindi mi dispiace se hai usato il termine sbagliato e io, veramente, pretenderei delle scuse, come minimo»
La gatta nera dovrebbe essere morta, tanto ha sette vite
Prima di arrivare al focus del discorso sul doppio standard e sulla disparità di genere, non posso che continuare a interrogarmi e interrogarci sulla presenza o meno di una ”gatta nera” all’interno di un programma televisivo.
Il ruolo che la ”gatta nera” ha avuto in passato all’interno de Il Mercante in fiera è svilente, sessista e razzista sotto molti aspetti. Sarebbe stato, sicuramente, più interessante stravolgere il personaggio presentato 16 anni fa e vestirlo di nuove consapevolezze. Che se i gatti hanno sette vite, era tempo forse di tentarne una nuova anche per l’ex gatta nera e per tutto ciò che ha rappresentato.
Il doppio standard applicato al caso di Ainett Stephens e Pino Insegno: ecco cosa è e cosa significa
Fatte tutte le dovute premesse sulla rappresentazione della gatta nera, passiamo a quanto successo tra Pino Insegno e Ainett Stephens. Come anticipato, il conduttore ha ritenuto opportuno precisare che la showgirl sarebbe ormai troppo vecchia per quel ruolo. Ainett ha 41 anni e, nonostante non sia un obbligo né un vanto, non ha nulla da invidiare a nessun’altra collega più giovane. Qui essere ipocriti ha poco senso, e abbiamo già spiegato ampiamente quanto sia triggerante la sessualizzazione che prevede quel ruolo e i motivi razzisti che la supportano.
Ma facciamo finta che non si stia parlando di questo. Ainett ha 41 anni e tutte le carte per poter ricoprire nuovamente il ruolo che aveva 16 anni fa ne Il Mercante in fiera. Pino Insegno, nel frattempo è invecchiato anche lui, ha 63 anni.
Lei è troppo vecchia. Lui no. E abbiamo già detto che non è una questione di tipologia di ruolo o di strumenti o skills necessarie. Tutto questo ha un nome ben preciso: si tratta di doppio standard.
Il concetto di “doppio standard” si riferisce a una situazione in cui vengono applicati criteri o regole differenti a persone o gruppi diversi, nonostante le circostanze siano simili o identiche. È un fenomeno sociale che si manifesta in vari contesti, specialmente in quelli lavorativi. E indovinate un po’ chi sono le vittime predilette del doppio standard? Esatto, le donne.
La sfera di genere è sicuramente quella che raccoglie più esempi ed esperienze. Si verifica quando alle donne vengono imposte aspettative e standard differenti rispetto agli uomini in ambiti come la sessualità, l’abbigliamento, la carriera professionale o il ruolo nella società. Le donne possono essere giudicate più severamente o essere soggette a critiche per comportamenti che, invece, vengono accettati o addirittura elogiati negli uomini.
Combattere il doppio standard richiede consapevolezza, sensibilizzazione e un impegno collettivo. Il caso di Ainett Stephens è un’occasione per parlarne e ricordarci quanti buchi siano ancora presenti nella nostra società e nell’autodeterminazione delle donne.