Enzo Tortora, ecco la drammatica storia del conduttore: una grande carriera rovinata da accuse infamanti

il caso di Enzo Tortora è la vicenda giudiziaria più famosa in Italia negli anni Ottanta per essere una delle accuse più infamanti!

Enzo Tortora era un noto conduttore televisivo, molto amato dal pubblico italiano. Finito in manette, per molto tempo è stato detenuto in carcere. Ma di cosa era accusato? Scopriamo di seguito tutti i dettagli della vicenda che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso!

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Ideatore e conduttore di Portobello, la storica trasmissione di casa Rai, Enzo Tortora è stato un personaggio televisivo parecchio apprezzato e amato dal grande pubblico del piccolo schermo. Empatico e colto, con il suo programma è riuscito a coinvolgere i suoi spettatori, che ancora lo ricordano con immenso affetto. Attivo anche politicamente, ha fatto la storia della televisione in Italia. Eppure contro lui sono partite sordide accuse e, dopo esser finito in manette, è stato anche in carcere per diverso tempo.

Da indagini successive, si è trattato di un caso di calunnia e grosse diffamazioni e il suo nome è stato riabilitato. Ma cosa successe all’epoca? Conosciamo la storia del conduttore!

Età alla morte

Il popolare conduttore televisivo è morto il 18 maggio 1988. Al momento della sua morte aveva 59 anni. Era nato a Genova il 30 novembre 1928.

Causa morte e malattia

Enzo Tortora è morto a causa di un tumore ai polmoni. Ha finito la sua esistenza nella sua casa di Milano, una traversa di via Torino. Un mese prima della sua morte, il giornalista aveva comunicato alla stampa di essere gravemente malato.

Moglie e figli

Sposato in seconde nozze con Miranda Fantacci, Enzo Tortora aveva due figlie: Silvia Tortora (nata a Roma il 14 novembre 1962 e morta il 10 gennaio 2022), e Gaia Tortora, nata a Roma il 24 aprile 1969.

Silvia Tortora lavorava nel settore della comunicazione ed era infatti una giornalista televisiva. Le sue collaborazioni riguardano programmi come Mixer e La storia siamo noi; l’abbiamo letta anche sul settimanale Epoca e ha pubblicato diversi libri fra cui Cara Silvia, una raccolta di lettere che suo padre Enzo le scrisse dal carcere. Era sposata con l’attore francese Philippe Leroy e dalla loro relazione sono nati due figli.

Gaia Tortora ha cominciato la sua carriera entrando nella redazione di Teleroma 56 e in seguito anche di Telemontecarlo e Cinquestelle. Alla fine degli Anni Novanta, poi, ha iniziato a collaborare con la redazione di INN e nel 2003 ha preso parte all’Adnkronos. Successivamente, ancora, Gaia lavora con la web tv dell’Enel ed è ancora la conduttrice di Omnibus in onda su La7, approdando finalmente al TG La7. Qualche volta l’abbiamo vista alla sostituzione di Enrico Mentana nei giorni di festa.

La secondogenita di Enzo Tortora è molto riservata e per questo motivo non conosciamo molti dettagli della sua vita privata. Ha due figlie di cui però non si conoscono i nomi; la prima è nata nel 1999 e la seconda nel 2002. Non sappiamo chi sia suo marito.

Perché Enzo Tortora è finito in manette?

Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, Enzo Tortora era uno dei volti più popolari della televisione italiana. Portobello, la sua trasmissione, era capace di frantumare ogni record di ascolto.

Sono le quattro del mattino: è il 17 giugno del 1983. Enzo Tortora viene arrestato a Roma.

Dei criminali professionisti, nel corso di alcuni interrogatori, hanno fatto il suo nome. Questo è bastato il conduttore venisse trattato come un delinquente. Alla sua uscita dalla questura della capitale per essere trasferito in carcere, c’era ad attenderlo una folta folla. Non tutti, però erano dalla sua parte e qualcuno gli ha urlato contro parole impronunciabili.

Finì per essere indagato dalla procura di Napoli sulla base delle dichiarazioni di alcuni pentiti che accusarono il presentatore di traffico di droga e associazione mafiosa. Insieme a lui, prima che l’operazione si sgonfiasse, andarono sotto indagine altre 855 persone.

Accuse a Enzo Tortora

La sua foto con le manette ai polsi ha fatto il giro del mondo. Prima di trasferirlo in galera, infatti, i carabinieri lo hanno ammanettato, conducendolo alla mercé di fotografi e giornalisti. Enzo Tortora fu umiliato e, quasi, mostrato come un trofeo. Prima di essere interrogato dai magistrati che conducevano le indagini, trascorsero ben sei giorni. Tortora, intanto, era dietro le sbarre, lasciato solo da tutti.

Smarrito e in condizioni di salute precarie, Tortora ha dovuto attendere altri tre mesi in cella. Nel frattempo, fuori dal carcere, contro lui si è alimentata una gogna mediatica senza precedenti. Poco prima dell’estate del 1983, ebbe inizio ufficialmente il caso Tortora. Il conduttore di Portobello è rimasto in carcere per ben sette mesi, ottenendo solamente tre colloqui con i suoi inquirenti.

L’Italia era divisa in due. Da una parte chi credeva nell’innocenza di Enzo Tortora e dall’altra chi lo giudicava colpevole.

Risarcimento

Dopo che il processo di primo grado ebbe inizio, Enzo Tortora si è candidato all’Europarlamento, tra le liste dei Radicali. È stato eletto con cinquecentomila voti: il suo pubblico crede ancora in lui.

Il 17 settembre 1985 è arrivata la sentenza che l’ha condannato a ben dieci anni di carcere. I giudici che hanno scritto la condanna l’hanno definito un “Cinico trafficante di morte” nonché Individuo socialmente pericoloso“.

Per il celebre conduttore di Portobello sembrava che tutto fosse finito. Nelle indagini che  hanno portato alla sua condanna erano successe cose assurde! I centrini inviati da un pregiudicato alla trasmissione televisiva da lui condotte erano stati per cocaina. Gli indizi che portarono alla colpevolezza di Enzo Tortora erano pochi e molto deboli, quasi inesistenti. C’era la parola dei pentiti, i quali assicuravano che Tortora fosse invischiato in quella storia di criminali. Il tutto grazie a un’agendina trovata nell’abitazione di un noto camorrista dell’epoca. Su quel quaderno un nome scritto a penna e un numero telefonico. Soltanto dopo diverso tempo si saprà che quel nome non era Tortora, bensì Tortosa, e il recapito telefonico non apparteneva al presentatore televisivo. Tutta una serie di errori destinati a restare impuniti.

La sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando è stato assolto definitivamente dalla Corte d’appello di Napoli, con sentenza confermata dalla Corte di cassazione nel 1987. Tortora morì nel 1988, un anno dopo la sua definitiva assoluzione.

Purtroppo nessuno ha mai pagato per i propri errori, soprattutto i magistrati che l’hanno condannato. Queste sono parole di Enzo TortoraSolo tre categorie di persone non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati”.

Carriera di Enzo Tortora

Laureato in Giurisprudenza, Enzo Tortora ha scritto la storia della televisione italiana e della Rai. Storico conduttore della trasmissione La Domenica Sportiva, dal febbraio 1965 al 1969, ha trasformato il programma in un format di successo. Nel maggio del 1965 ha tenuto a battesimo la prima edizione di Giochi senza frontiere, di cui è stato il primo presentatore italiano.

Con Mike Bongiorno, Corrado e Pippo Baudo è stato uno dei presentatori televisivi più celebre di quegli anni. I quattro sono apparsi insieme in televisione una volta soltanto, nel 1967, in Sabato sera, in un siparietto in cui Mina li invitava a cantare e ballare con lei.

La carriera di Tortora è proseguita al timone di trasmissioni iconiche, tra cui Portobello, ideata da lui stesso fin dal 1977. Poco prima della sua morte, il giornalista è stato al timone di un nuovo format, Giallo, andato in onda su Rai 2 nel 1987.

Tomba di Tortora

Dopo la cremazione, le ceneri di Enzo Tortora riposano al cimitero monumentale di Milano, nella zona Levante Superiore, dove sono ospitate cellette con ceneri o resti esumati di “cittadini noti e benemeriti”.

Tra le disposizioni testamentarie di Tortora c’è stata la volontà di porre le sue ceneri in una cassettina con una copia del libro di Alessandro Manzoni Storia della colonna infame nell’edizione con prefazione di Leonardo Sciascia, testo che tratta di uno dei primi casi documentati di giustizia sbagliata in Italia.

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