Pierpaola Romano, poliziotta uccisa dal collega Massimiliano Carpineti dopo essere stato lasciato: perché si parla di femminicidio sistemico
Pierpaola Romano è l’ennesima vittima di femminicidio, la poliziotta è stata uccisa dal collega Massimiliano Carpineti; a pochi giorni dalla morte di Giulia Tramontano, arriva un nuovo esempio di un fenomeno sistemico e strutturale: una donna uccisa per mano di un uomo, che crede di averne il possesso e, quindi, la gestione. Scopriamo cosa è successo, anche questa volta.
A Roma, un altro uomo decide di uccidere una donna con cui aveva una relazione. Questo articolo analizzerà dettagliatamente gli eventi che circondano questi casi, mettendo in luce la realtà dei femminicidi e sottolineando l’importanza di utilizzare un linguaggio adeguato per descrivere tali crimini. Esploreremo i ”fatti”, analizzando i motivi dietro di esse e cercando di comprendere l’ampiezza del problema della violenza maschile contro le donne.
Femminicidio Pierpaolo Romano
Nel quartiere di Torraccia, periferia nord-est di Roma, si è consumato un atto di violenza estrema. Pierpaola Romano, ispettrice superiore di 58 anni presso l’Ispettorato della Camera dei Deputati, viene raggiunta nella sua abitazione da Massimiliano Carpineti, un collega poliziotto. Senza alcuna possibilità di scampo, Pierpaola viene uccisa con tre colpi di pistola sparati da distanza ravvicinata. Poco dopo, l’assassino si sposta in macchina per alcuni metri, parcheggia in un’area e si toglie la vita con la stessa arma.
Questo evento è il risultato di un copione ben noto: Pierpaola Romano aveva preso la decisione di lasciare Massimiliano, mettendo fine alla loro relazione. L’uomo non accettava la fine della relazione e ha scelto di uccidere brutalmente la donna proprio davanti alla sua abitazione, forse costringendola a inginocchiarsi prima di spararle. Colleghi di entrambi i poliziotti rivelano che Pierpaola aveva confidato di sentirsi minacciata da Massimiliano e preoccupata per il suo comportamento.
I femminicidi sono un fenomeno sistemico
Le morti di Giulia Tramontano e Pierpaola Romano mettono in luce una realtà che dovrebbe essere nota: si tratta in entrambi i casi di femminicidi. Non si tratta semplicemente di “morti annunciate”, ma di storie che rendono tangibili i dati sulla violenza maschile contro le donne in Italia. Ma rinfreschiamoci la memoria sul significato di femminicidio, si tratta di:
«Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte».
Fino ad oggi, dall’inizio del 2023, sono state uccise 47 donne, di cui 38 in contesti familiari o affettivi. Con il femminicidio di Pierpaola Romano il numero sale a 39.
È essenziale utilizzare il linguaggio adeguato quando si parla di questi crimini, rifiutando la narrativa della “passionalità” e la corresponsabilità delle vittime. Non è compito delle donne evitare di essere uccise, ma è necessario affrontare il problema radicato della violenza maschile contro le donne.
Nonostante gli sforzi per rafforzare le leggi contro la violenza di genere e le giornate internazionali che ne mettono in evidenza l’importanza, la violenza maschile contro le donne rimane un fenomeno strutturale e sistemico. La sua radice risiede nella voracità possessiva che caratterizza la visione maschile del potere, rendendo le donne vittime, oggetti e accessori dell’uomo. Non si parla di ”casi”, si parla di sistemi da sradicare.
È giunto il momento di superare la retorica pubblica, poiché la realtà ci dimostra quanto sta succedendo attraverso i corpi delle donne. È fondamentale chiamare questi crimini per quello che sono: femminicidi. Bisogna affrontare con determinazione e fermezza il problema della violenza maschile. Smettere di educare le donne alla sopravvivenza e iniziare a lasciare agli uomini l’unica responsabilità delle loro azioni.
Non accettate spiegazioni come «Lo ha fatto per troppo amore», «Era accecato dalla passione». Non accettate motivazioni «Lei lo aveva detto ai colleghi», «Lei lo aveva lasciato di punto in bianco». E ancora non accettate suggerimenti: «Evitate di incontrarli», «State attente a come li lasciate».