Mamma si addormenta allattando il figlio e il bimbo muore soffocato: la violenza sui social è inaccettabile

La notizia di oggi è una vera tragedia, ma sui social c'è chi si erge a giudice: ma è davvero necessario dire sempre la propria opinione?

La notizia è questa: una giovane mamma ha chiesto di poter rimanere qualche minuto in più insieme a suo figlio neonato, all’Ospedale Pertini di Roma, prima che venisse portato nella stanzetta neonatale per la notte. Poco dopo un’infermiera si è accorta che durante l’allattamento la ragazza si è addormentata e al suo fianco c’era il corpo senza vita del piccolo. A nulla è servito l’intervento tempestivo dei sanitari: per il bimbo non hanno potuto fare niente.

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A questa notizia non andrebbe aggiunto altro, se non il silenzio per questo epilogo atroce. Ma non è questo il caso: la trentenne è oggi indagata per omicidio colposo, ma si indaga anche l’ospedale per presunta mancata assistenza alla giovane. Come se non fosse abbastanza, però, ci si mette anche la temutissima opinione pubblica, che fra un video di ricette e un altro di cuccioli che giocano insieme, ci tiene a condannare via social il gesto della povera mamma che, esausta, si è semplicemente addormentata.

Empatia, questa sconosciuta: quando la condanna arriva dai social

Non serve a niente pensare a quante volte le cose sarebbero potute andare male anche a noi, non serve a niente mettersi nei panni degli altri e meno che mai serve poter essere semplici spettatori di un tragico episodio come questo. Insomma, non serve. Perché quello che serve, secondo i più, è trovare il colpevole, qualcuno che paghi e che si prenda la responsabilità di ciò che è successo.

Si può davvero incolpare una giovane donna per essersi addormentata durante l’allattamento di suo figlio appena nato? Si può puntare il dito verso una ragazza che sopporterà il peso di questo dolore in eterno? Le domande sono retoriche, ma non ci stupirebbe sapere che qualcuno ha la risposto pronta. Seppur sbagliata.

Rimane solo l’eco dei commenti su Facebook che rimbombano da una parte all’altra del web, sperando che la malcapitata non li legga mai e che non sappia quanto, lì fuori, il mondo è ancora così tragicamente arrogante.

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