Cosa è successo a Valentina Salamone? Nel nostro articolo tutti i dettagli su questo terribile fatto di cronaca nera italiana.
La storia di Valentina Salamone ha dell’incredibile e purtroppo non nella sua accezione positiva. Cosa è successo a questa ragazza?
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Cosa è successo a Valentina Salamone?
Valentina Salmone è morta il 24 luglio del 2010; il corpo della diciannovenne è stato rinvenuto ad Adrano, nella provincia di Catania. La ragazza è stata ritrovata appesa per la gola a una trave, ma cosa le è successo? Nonostante si sia pensato subito a un suicidio, Valentina è stata in realtà brutalmente uccisa dal suo ex fidanzato Nicola Mancuso. Perché?
Nicola Mancuso
Valentina Salmone aveva con Nicola Mancuso una relazione che andava avanti da diverso tempo: l’uomo – sposato e padre di tre figli – non riusciva più a sostenere le attenzioni e le richieste della ragazza diciannovenne. La storia fra loro era diventata per il 33enne scomoda e fastidiosa; il fidanzato di Valentina è per giunta un pregiudicato e il suo cognome – Mancuso – viene associato all’omonima cosca mafiosa. La ragazza ha perso la testa per lui e vuole vivere un futuro roseo e pieno di amore, ma questo non è possibile. Per fargli pressioni e spingerlo a lasciare la sua famiglia, Valentina Salamone gli confessa di essere incinta, anche se in realtà questo non è vero. Il penultimo weekend di luglio, quindi, la ragazza e Nicola Mancuso si recano a una festa in una villetta nella periferia di Adrano. La mattina dopo, però, lei non torna a casa e non risponde nemmeno al telefono.
Il ritrovamento
Il cadavere di Valentina Salamone viene ritrovato sabato 24 luglio 2010 da un operaio dell’Enel che lavorava all’sterno del casolare dove si era tenuta la festa. La ragazza viene trovata impiccata a una tettoria di lamiera del fabbricato, con indosso un paio di pantaloncini, un top e delle zeppe. Una delle sue mani è intrecciata alla corda, quasi come se avesse provato a liberarsi dalla sua morsa mortale.
Le indagini
La Polizia indaga sullo strano decesso di Valentina Salamone, ma suo padre Nino e sua madre Pina sono ancora ignari di quanto successo. Solo nel pomeriggio verranno a conoscenza di ciò che è successo alla loro figlia, già ricomposta dentro una bara. Gli inquirenti dicono che la ragazza si sia suicidata e ridanno indietro i suoi vestiti ai genitori distrutti dal dolore. Nonostante l’arrivo di questa orribile notizia, però, Nino e Pina sanno che quegli indumenti saranno cruciali per le indagini. Sotto al tacco delle scarpe, infatti, vengono ritrovate tracce di sangue e materiale organico: facendoli analizzare scoprono che si tratta di un DNA maschile. Pochi mesi dopo la sua archiviazione, per fortuna, l’indagine viene aperta nuovamente dalla Procura di Catania.
I testimoni
Gli amici di Valentina non ricordano cosa sia successo quella sera nella villa della festa oppure dicono di non saperlo, ma il traffico telefonico parla chiaro. Nicola Mancuso e la Salamone erano amanti, lo dicono i tabulati e le testimonianze di alcuni presenti. La ragazza si era ormai convinta di dover portare via l’uomo da sua moglie Piera, la stessa che – però – ha sempre difeso suo marito strenuamente:
Mio marito si è ritrovato in questa festa, ma c’erano altre persone. Dicono che mio marito andasse dietro a questa ragazza, ma anche lei andava dietro a lui pur sapendo che era sposato e padre di tre figli.
Il test del DNA
Il DNA ritrovato sotto le scarpe di Valentina Salamone, però, appartiene proprio a Nicola Mancuso. Questo dettaglio rende la sua presenza contestuale alla morte della ragazza. In poche parole: il 33enne pregiudicato era lì mentre la ragazza moriva. Secondo la Procura, infatti, la diciannovenne sarebbe stata picchiata e poi stritolata in quel cappio, fino a che non è morta. La mano sulla corda inoltre prova che ha lottato, sperando di liberarsi dalla morsa.
Condanna
Nicola Mancuso è in carcere quando viene rinviato a giudizio, ma si trova lì non per l’omicidio della sua amante Valentina Salamone, bensì per traffico di droga. Quest’accusa gli costerà 13 anni di prigione. Il processo per l’omicidio della ragazza, invece, comincia nel 2016 e nel 2019 la Corte d’Assise di Catania lo condanna all’ergastolo per l’assassinio di Valentina, con aggravanti degli abietti e futili motivi. A incastrarlo, oltre al test del DNA, anche una sua confessione fatta al compagno di cella:
Meglio la famiglia sua che la mia.
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