Giusy Ferreri parla della sua malattia: cos’è la sindrome di Wolff-Parkinson-White? «Un attacco improvviso e poi il buio»

Giusy Ferreri ha svelato di dover convivere con una brutta malattia: la sindrome di Wolff-Parkinson-White. Ma di cosa si tratta?

Giusy Ferreri è una delle cantanti più amate nel panorama artistico italiano e recentemente ha svelato di dover convivere con una brutta malattia: la sindrome di Wolff-Parkinson-White. Ma di cosa si tratta?

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Di che malattia soffre Giusy Ferreri?

Giusy Ferreri ha rivelato di soffrire di una brutta malattia: la diagnosi è arrivata quando la cantante aveva solamente 8 anni. Dopo essere svenuta, infatti, i medici le hanno diagnosticato la sindrome di Wolff-Parkinson-White. Ecco il ricordo della Ferreri:

Di quel giorno ricordo solo la felicità di trovarmi per la prima volta in uno studio di registrazione. Un attacco improvviso di tachicardia, poi il buio. So di aver emesso uno strano gemito, una sorta di spasmo e di essere caduta a terra svenuta: l’ossigeno non era arrivato al cervello e mi aveva provocato una sincope. Il motivo? Sono nata con una malformazione cardiaca che mi ha sempre comportato tachicardie anomale. All’inizio, però, quel disturbo era stato diagnosticato come semplice soffio al cuore, molto comune nei bambini e destinato a scomparire spontaneamente con l’ adolescenza!

Cos’è la sindrome di Wolff-Parkinson-White?

La malattia di cui soffre Giusy Ferreri – la sindrome di Wolff-Parkinson-White – riguarda proprio il cuore ed è congenita. In poche parole non c’è una connessione elettrica nomala fra l’atrio e il ventricolo; questo porta a diversi sintomi fra cui tachiaritmie, vertigini, svenimenti e problemi cardiaci di vario genere. La cantante, per combattere la sua malattia, ha anche affrontato alcune operazioni chirurgiche:

Il primo intervento non è andato a buon fine, perché il tessuto da rimuovere era in una posizione difficile, troppo all’interno del cuore, mentre un paio di settimane dopo, il secondo, con una tecnica più potente ed efficace, mi ha risolto la vita. Tre ore di intervento, tre giorni di ricovero ed ero un’altra donna. Che finalmente a 21 anni usciva dall’incubo. Nei due anni successivi, nei periodi faticosi, ho avvertito ancora delle leggere scariche, con il battito che accelerava. Mi capita ancora adesso, anche se sempre meno, ma si tratta di una reazione emotiva.

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