Tommaso Buscetta, conosciuto come Don Masino, considerato il boss dei due mondi, tra Europa e America. Scopriamo tutto sul pentito di mafia.
Tommaso Buscetta, conosciuto come Don Masino, era considerato il boss dei due mondi, per via della sua attività mafiosa tra Europa e America. Tommaso Buscetta è anche il più grande pentito di mafia, un collaboratore di giustizia che rivelò tutto su Cosa Nostra a Falcone e Borsellino. Scopriamo meglio ogni dettaglio.
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Chi era Tommaso Buscetta?
Tommaso Buscetta, conosciuto nel giro come Don Masino, era considerato il boss dei due mondi, per via della sua attività criminale tra Europa e America. Conosceva tutto di Cosa Nostra e della cupola mafiosa, come sapeva vita, morte e miracoli della mafia siciliana negli Stati Uniti. Don Masino vanta il titolo di primo pentito, o traditore, dipende da quale parte si guarda.
In ogni caso Tommaso Buscetta è stato il primissimo collaboratore di giustizia a portare sul tavolo dei magistrati italiani tutti i segreti e i meccanismi degli affari della malavita organizzata.
È stato lui il primo grande pentito di mafia ad aver tradito Cosa Nostra rivelandone struttura e segreti. È stato un personaggio chiave nelle inchieste del giudice Giovanni Falcone, perché ha permesso di mettere nero su bianco il tessuto malavitoso siciliano da sempre protetto da omertà.
La vita
Tommaso Buscetta nasce a Palermo il 13 luglio 1928 e fin da subito dimostra di essere un ragazzo sveglio, attento che ha troppa voglia di crescere in fretta. Infatti si sposa giovanissimo, appena sedicenne e, per tirare avanti la famiglia comincia a intraprendere attività legate al mercato nero. Così Buscetta inizia a smerciare clandestinamente tessere per il razionamento della farina.
Con l’arrivo dei figli, le esigenze familiari crescono e, poiché il lavoro in Italia è scarso, decide di emigrare in Argentina, stabilendosi a Buenos Aires, dove apre una vetreria. Pochi anni dopo, però, gli affari non vanno bene e Tommaso Buscetta torna in Sicilia, a Palermo. La sua fame di ricchezza e potere lo portano a intraprendere una cattiva strada: quella della mafia.
Don Masino, alias Tommaso Buscetta, intreccia la sua vita a quella delle attività de La Barbera, boss di Palermo. Al principio Buscetta si occupa del contrabbando di sigarette e stupefacenti, ma poi i sui incarichi diventano sempre più importanti e pericolosi. La Barbera controlla il centro della città di Palermo, mentre al vertice della cupola mafiosa, c’è Salvatore Greco detto Cicchiteddu, il boss dei boss.
Anni Cinquanta
Nel 1958 e nel 1959 Tommaso è arrestato per contrabbando di sigarette e associazione a delinquere. Nel 1962 scoppia la prima guerra di mafia e Buscetta si schiera dalla parte di Angelo La Barbera. Passa in seguito dalla parte di Salvatore Cicchiteddu Greco, mettendo in atto un agguato proprio a La Barbera. Don Masino, inoltre, è il principale killer dei boss Pietro Torretta e Michele Cavataio.
In seguito Buscetta confessa di aver accettato l’incarico di uccidere La Barbera, ma di essere stato preceduto da un altro gruppo mafioso. Nel 1968 Buscetta è condannato a dieci anni di carcere per associazione a delinquere nel processo di Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia. Nello stesso processo, la magistratura lo assolve per insufficienza di prove in riferimento alle imputazioni riguardanti la strage di Ciaculli.
Anni Ottanta e Novanta
Nella Sicilia dei primi anni ottanta è in corso una guerra tra le cosche mafiose per il controllo sul traffico della droga. Il boss Tommaso Buscetta fugge in Brasile per nascondersi e, da lontano, assiste impotente all’omicidio dei suoi due figli e del fratello, a Palermo. Dopo l’arresto da parte delle autorità brasiliane, il criminale viene estradato in Italia. Tornato in patria, Buscetta prende una decisione epocale, che consentirà alla magistratura di far luce sulla struttura interna di cosa nostra, sulle sue regole e sul suo funzionamento: incontrare il magistrato Giovanni Falcone e collaborare con la giustizia.
Don Masino diventa, così, non soltanto un collaboratore di giustizia ma anche un pentito di mafia e testimonia nel 1986 al maxiprocesso di Palermo e nel processo Pizza connection a New York. Nell’estate del 1992, in seguito agli attentati in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Buscetta inizia a parlare con i magistrati dei legami politici di Cosa Nostra scoperchiando tutto il vaso di Pandora.
Le accuse allo Stato
Accusò ai magistrati, con dovizia di particolari, gli onorevoli Giulio Andreotti e Salvo Lima, ucciso nel 1992, di essere i principali referenti politici dell’organizzazione. In particolare riferì di aver conosciuto personalmente Lima fin dalla fine degli anni Cinquanta e di averlo incontrato l’ultima volta nel 1980, durante la sua latitanza. Rivelò, inoltre, di aver saputo che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli nel 1979 sarebbe stato compiuto nell’interesse di Andreotti.
Queste dichiarazioni lo elevarono a uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli. Il reato di Andreotti cadrà in prescrizione, mentre verrà accertata la sua connivenza con la mafia per i fatti anteriori al 1980, prescritti al momento dell’emissione della sentenza. Il boss pentito, nel 1999 in un libro-intervista di Saverio Lodato, confessa il suo disappunto per la mancata distruzione di Cosa nostra da parte dello Stato italiano.
Le tre mogli del boss
Buscetta è nato in una famiglia che viveva in povertà estrema, ultimo di 17 figli. Sposato tre volte, ha avuto sette figli. Il primo matrimonio risale al 1945, appena diciassettenne, con Melchiorra Cavallaro con cui ha avuto i primi quattro: Felicia, Benedetto, Domenico e Antonio. Ha poi sposato nel 1966 Vera Girotti dal cui matrimonio sono nate due figlie. Alessandra e Lisa. L’ultima moglie è la brasiliana Cristina de Almeida Guimaraes, sposata nel 1960, dal cui matrimonio è nato Roberto.
Durante un’intervista al giornalista Enzo Biagi, Don Masino ha rivelato di aver perso la verginità a otto anni, con una prostituta pagata con una bottiglia d’olio. Due dei suoi figli sono stati uccisi da Salvatore Cancemi, ex boss di Porta Nuova che nel processo del 1993 ha confessato al boss i delitti ricevendo il suo perdono. Buscetta era consapevole che gli ordini, in Cosa Nostra, non si possono rifiutare.
Che fine hanno fatto le sue tre mogli?
Della prima moglie si sono perse le tracce, anche dopo il suo trasferimento in America. Per un periodo Tommaso Buscetta visse da bigamo, in perfetto equilibrio da viveur tra la moglie siciliana e la seconda consorte, Vera Girotti. Viveva a Brooklyn e, per non tradirsi comprava due guardaroba di abiti uguali per le due case, cenava due volte, celebrava due Natali. Nel frattempo ha conosciuto Cristina, l’ultima moglie e la donna con cui ha vissuto fino all’ultimo dei suoi giorni.
In verità Buscetta non fu mai bigamo poiché aveva sposato Vera con il nome inesistente di Manuel Lopez Cadena, pseudonimo con cui si nascondeva alla legge e ai nemici. Il secondo matrimonio era nullo. Vera è scomparsa nel mistero più fitto, cui nessuno osa immaginare. Con Don Masino sono rimaste le due figlie.
La terza moglie Cristina vive in Florida sotto falso nome da trent’anni. La moglie brasiliana del pentito e i suoi familiari più stretti vivono sotto falso nome e in varie località, dopo l’ingresso del boss nel Witness Protection Program, programma che prevede la protezione dei testimoni di giustizia.
Il figlio Roberto sotto falso nome ha fatto il militare in Iraq e Afghanistan. Buscetta Junior in un’unica intervista dov’è con il volto in ombra dice:
Uccidere il figlio di Tommaso Buscetta sarebbe il trofeo perfetto! C’è sempre un rischio, la mafia non perdona!
La causa della morte
Dopo aver fatto parlare di sé per una crociera nel Mediterraneo, Tommaso Buscetta scopre di avere un cancro all’ultimo stadio e muore il 2 aprile 2000, all’età di 71 anni, negli Stati Uniti. Buscetta è sepolto sotto falso nome a North Miami in Florida. Qui aveva vissuto la maggior parte della sua vita con la sua terza moglie e famiglia.
Perché Tommaso Buscetta è il Traditore?
Don Masino si definisce lui stesso un soldato di Cosa Nostra, un semplice esecutore, un uomo d’onore e di patti. Arrestato in Brasile, sottoposto a torture, estradato in Italia, diventa un collaboratore di giustizia, interrogato da Falcone, diventa il traditore per una questione di onore, anche se molti non hanno compreso. Da soldato definisce la mafia un’invenzione giornalistica e rifiuta la definizione di pentito.
Non è affatto pentito della sua appartenenza a Cosa Nostra, sembra piuttosto un nostalgico della sua versione originaria dell’organizzazione prima dell’intrusione dei Corleonesi nel definirsi un uomo d’onore. Cosa Nostra non avrebbe ammesso alcuna violenza su donne e bambini, mentre la nuova versione prevede lo sterminio della semenza delle famiglie rivali, senza limiti di età e di sesso e la nascita delle faide. Faccenda brutta e crudele che un soldato come lui non può tollerare. Per questo parla, per raccontare le brutture. Il resto è storia di morti ammazzati, di madri che piangono, di donne e uomini scomparsi, di affari illeciti, di bombe che esplodono a due passi dall’aeroporto di Capaci o davanti a una casa in Via D’Amelio.
Per tutto il resto ci sono le Vittime Innocenti delle mafie. E c’è la memoria.
La storia di Buscetta è stata raccontata in un film capolavoro, Il Traditore, diretto magistralmente dal regista Marco Bellocchio nel 2019. Nei panni del boss c’è un interprete eccezionale: Pierfrancesco Favino. La pellicola racconta fedelmente la vita del pentito, mettendo in evidenza gli aspetti emotivi e storici, ma soprattutto il ruolo della mafia in Italia e nel mondo come organizzazione criminale.
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