Da vittima qual era, Selvaggia Lucarelli si è ritrovata ad essere colpevole di una vicenda incredibile: ecco cosa è successo.
Quello che è accaduto a Selvaggia Lucarelli è un fatto molto grave, perché somiglia pericolosamente a un bavaglio: l’ordine dei giornalisti della Lombardia l’ha deferita per aver esposto suo figlio, Leon Pappalardo, in violazione della Carta di Treviso. Ecco i fatti.
Selvaggia Lucarelli, da vittima a carnefice
Andiamo con ordine e riassumiamo quanto accaduto nei giorni scorsi: Leon, il figlio di Selvaggia Lucarelli e Laerte Pappalardo, ha contestato civilmente Matteo Salvini, reo – a detta del ragazzo – di essere razzista e omofobo. Senza alcun motivo logico, due agenti in borghese hanno schedato il ragazzo, costringendolo a fornire le sue generalità, indirizzo compreso, davanti a giornalisti, telecamere e decine di persone che lo insultavano con epiteti come «zecca».
In seguito, i giornalisti delle testate presenti, tra cui Local Team, La Stampa, Ansa, Repubblica e Corriere, hanno pubblicato il video di Leon, sottolineando che si trattasse del figlio di Selvaggia Lucarelli. Se il giovane contestatore non fosse stato figlio di due personaggi noti, gli sarebbe stato riservato lo stesso trattamento? Evidentemente no. Ma andiamo avanti: il video del ragazzo, che – ricordiamolo – ha soltanto quindici anni, è stato condiviso sulla pagina Lega Salvini Premier e così è stato esposto a insulti e minacce di ogni tipo.
Poi, all’improvviso, il fatto clamoroso: l’ordine dei giornalisti della Lombardia ha deferito Selvaggia Lucarelli per aver esposto suo figlio in violazione della Carta di Treviso. La comunicazione di quanto avvenuto, tuttavia, non è stata fatta alla diretta interessata, ma alle agenzie, prontamente rilanciate dalle pagine di Salvini: stavolta, a finire alla gogna, dunque, non è stato solo Leon, ma anche sua madre. Inutile sottolineare che le testate che hanno mostrato le immagini del minore, in cui dà le proprie generalità e addirittura l’indirizzo di casa, sono rimaste impunite.
Selvaggia Lucarelli, quando una donna non è un accessorio
È evidente che quanto avvenuto sia un modo subdolo e scorretto per colpire Selvaggia Lucarelli, che non è un oggetto. E questo crea un certo disappunto. Perché, seppur in maniera malamente velata, viviamo in una società fallocentrica, in cui una donna, per il semplice fatto di essere donna, è considerata addomesticabile. Ma, soprattutto, una donna, per il semplice fatto di essere donna, è libera finché non scavalca il proprio recinto, quindi può occuparsi di argomenti frivoli, ma guai a toccare la politica o l’economia, perché in tal caso subentra automaticamente il «Torna a parlare di gossip, ché solo quello sai fare!».
Perché una donna, per affrontare argomenti più impegnati (e impegnativi) della nuova love story di Belén Rodriguez, deve conquistarsi la propria credibilità. Gli uomini, a quanto pare, ce l’hanno per natura. Ma non è finita qui, perché una donna di bell’aspetto, per trattare argomenti più incisivi e importanti del gossip dell’estate, deve dimostrare di non aver ricevuto favori di alcun tipo e di non essersi prostituita in alcun modo. Ma c’è chi resta comunque scettico, perché «Questa è andata a letto con qualcuno, altrimenti non si spiega»: il successo di una donna (specie se piacente) non si giustifica mai con il sudore, la tenacia e il talento.
Ma Selvaggia non si lascia impressionare, è una donna che riflette e ironizza su ciò che ci circonda, utilizzando un vocabolario di parole severe, consapevoli, spiazzanti, ma mai vuote. Prende posizione, lo fa ad alta voce, a scapito di altre alternative. Manifesta un punto di vista deciso, lo difende, lo argomenta. Tuttavia, non si fa mai attendere l’utente che domanda «Mi spieghi che lavoro fai?». Perché comprendere che la scrittura possa rappresentare un mestiere con una dignità pari a quella di altri, risulta ancora assai difficile.
Quando il giornalista è un uomo
Nell’immaginario collettivo, il giornalista è uomo e affronta solo temi di interesse pubblico. Se si tratta, invece, di una donna, dev’essere un mezzo busto, politicamente corretta, bella ma senza ostentarlo, altrimenti non è credibile. Invece Selvaggia Lucarelli affronta temi diversi con lo stesso piglio pungente, senza mai temere di inimicarsi qualcuno. È una penna temuta, certamente; ma, più probabilmente, è una penna poco compresa, perché l’ironia è un terreno scarsamente praticato, è ostico, fraintendibile e frainteso. Crea malcontento, malumore, dissapori che si trascinano negli anni.
Insomma, Selvaggia Lucarelli è un consistente numero di cliché finalmente abbattuti, per questo ci sarà sempre qualcuno pronto a puntarle il dito contro. Per questo è scomoda: non somiglia a nessun altra e non reprime il proprio aspetto per somigliare a qualcun altro. Un “qualcun altro” che, per inciso, è certamente un uomo. Perché è ancora profondamente radicata l’idea che una donna, per conquistare la credibilità della gente, debba sopprimere la propria femminilità, debba subordinare l’aspetto al proprio mestiere. Ché la ribalta, la sfera pubblica, spetta al maschile e la professionalità non può e non deve convivere con nulla che sia visibilmente riconducibile al femminile. E questo è l’ennesimo tentativo della cultura maschile (e maschilista) di decidere del corpo delle donne. Di contenerlo, il più delle volte, ed esibirlo solo quando opportuno.
Ma Selvaggia Lucarelli non è un soprammobile, non accetta di stare dove le impongono di stare, nemmeno di essere mite o addomesticabile. E questo crea ancora fastidio.