Ganoona fonde al suo interno la cultura italiana e quella messicana; ha bisogno di raccontare e raccontarsi.
Ganoona è giovane e ha bisogno di essere ascoltato. Nei suoi pezzi c’è la ribellione, ma anche la razionalità di chi vuole emergere e arrivare nel cuore di tante persone. Dalla fusione di due culture lontane e apparentemente inconciliabili – quella italiana e quella messicana – nasce un sound nuovo, una voglia irrefrenabile di dire la verità e di lasciarsi scoprire. Ganoona è il padre di Bad Vibes, il suo ultimo singolo uscito il 24 aprile scorso. Noi lo abbiamo intervistato e qui sotto trovate quello che ci ha raccontato!
Ganoona, dall’Italia al Messico arrivano le Bad Vibes
Ganoona, innanzi tutto vorrei chiederti come stai e come stai vivendo questo periodo. Sappiamo che tu sei a Milano, è surreale pensare a questa città completamente immobile.
Si, surreale soprattutto per una città abituata all’insonnia e all’iperattività. Io sto bene, ammetto che all’inizio è stato duro un cambio di prospettiva così drastico. Poi però ho deciso di trarre il meglio dalla solitudine e dall’introspezione. Che sono cose che non dovrebbero mai spaventare un artista. Anzi dirò di più rischiando di sembrare esagerato, ma il creativo non dovrebbe aver paura di nulla, perché può sempre raccontare quello che gli succede. Mi viene in mente “Chiedi alla polvere” di John Fante, dove il protagonista, scrittore, rischia di annegare, e mentre rischia la vita trova rifugio immaginando come avrebbe raccontato quelle sensazioni se fosse sopravvissuto. Ecco quest’immagine riassume bene il momento storico.
Parlando di cose più allegre, invece, vorrei chiederti di raccontarci la tua carriera artistica, dagli esordi a oggi.
Sono nato a Milano da mamma italiana e papà messicano. Da sempre ho avuto una fissazione per la scrittura e la creatività. Scrivere mi sembrava l’unico modo per cercare di comunicare realmente quello che provavo, soprattutto da bambino, quando è più difficile essere ascoltati. In terza elementare scrissi una poesia sulla mia nonna messicana, quando la maestra la lesse si arrabbiò molto, convinta che l’avessi copiata, che la mia mente infantile non avesse in alcun modo potuto produrre quei pensieri e quelle parole “adulte”. Da lì parte il mio viaggio, dall’amore per le parole e per la comunicazione. Poi da ragazzino ho scoperto il Rap, ed è stato il Big Bang. Per qualche hanno ho frequentato l’ambiente underground hip hop milanese, fatto di locali ambigui e rime gridate sul palco. Volevo essere ascoltato e gridavo. Lentamente i miei gusti musicali si allargano, scopro il soul, il blues e molto altro. Inizio a studiare musica e scopro di poter cantare oltre che gridare. Durante questo periodo il mio “lato italiano” prevale su quello messicano, che rimane in silenzio . Nel 2017 pubblico un EP in lingua spagnola con un’etichetta messicana e lo porto in tour nel centro e sud del Messico.
Finalmente parlava anche l’altra metà di me. Però, al ritorno, qua in Italia nessuno la poteva capire. Da qui nasce in me l’esigenza di creare una “Musica Ponte”, che unisca tutte le mie influenze e mi rappresenti, dove si sposino le sonorità R n B, Latine e Rap.
Tu sei italo messicano; quanto c’è nella tua musica di queste due culture così differenti fra loro?
Come dicevo, cerco di mettere tutte le mie sfaccettature nella mia musica. Questa dicotomia tra continenti, sonorità, modi di vivere, la sento da tutta la vita, e non è sempre piacevole, è comunque una frattura tra due monti appunto distanti. Nella musica però posso far dialogare queste realtà e sentirmi finalmente completo.
E sul tuo nome d’arte, invece, che ci dici?
Ganoona è un personaggio di un libro di Geoff Dyer, “Jeff in Venice, Death in Varanasi”. È una sorta di presenza mistico-animalesca che si rivela al protagonista, non sempre in forma benigna. Il nome mi piaceva e l’ho rubato per creare il mio alter ego. Ganoona è la parte di me che non ha mai paura di dire quello che pensa e prova. A volte questo processo è doloroso e spaventoso, come accade nel libro, ma alla fine sempre liberatorio.
Il 24 aprile è uscito il tuo ultimo singolo, Bad Vibes. So che per la realizzazione ti sei ispirato a un’atmosfera stile Black Mirror, l’iconica serie che racconta come ormai tutto sia completamente soggiogato dalla tecnologia. Ti va di parlarci di questo pezzo?
Nasce dal bisogno di sfogo. Ho scritto il testo in un momento complicato, in cui mi sentivo solo e insoddisfatto. L’ho scritta al pianoforte, voce e accordi, nuda e cruda. In generale Bad Vibes parla del senso di inadeguatezza, e del bisogno di contatti umani sinceri. Spesso la prima cosa che facciamo appena svegli è guardare lo schermo dello smartphone, come se fosse un oracolo, senza accorgerci di essere finiti inconsapevolmente in un episodio di Black Mirror. “Oh mama, sciogli questo bad karma, il pavimento è lava…”: ho voluto usare questa immagine innocente, infantile, per descrivere la sensazione di insicurezza, di alienamento dalla realtà, dove l’unica oasi sicura forse è l’abbraccio silenzioso di una persona che ci vuole bene.
Cosa ti auguri per il tuo futuro artistico?Di riuscire a raggiungere sempre più persone con la mia musica.
Noi di DonnaPOP siamo un po’ impiccioni: raccontaci qualcosa del tuo privato. Per cominciare: sei fidanzato?
Si, cioè lo spero! Diciamo che questa quarantena è capitata in un momento abbastanza delicato, e me la sto facendo in solitaria… ma spero di potermi presto ricongiungere al mio “affetto stabile” .. Se non sarà così beh, ci scriverò una canzone.
Tu sei ancora giovanissimo. Vorrei ci raccontassi quali sono le influenze artistiche che hanno contato tanto per te, dagli esordi a oggi.
Sicuramente c’è una componente black, per cui devo ringraziare i vecchi dischi di Otis Reddings, Ray Charles e Billie Holiday che c’erano in casa quando ero piccolo. Nella scrittura mi è stato di grande ispirazione Dargen D’Amico, e il Rap in generale. Ho sempre ascoltato anche tanta musica latina, dalla più classica di artisti incredibili come Mercedes Sosa, Oscar Chavez o Cesaria Evora, a quella più moderna di Ileana Cabra o dei Calle 13. Mi ha influenzato tanto anche la scena elettronica latino americana, un nome su tutti: Dengue Dengue Dengue. Ultimamente sono in fissa con Joan Thiele, Venerus e Irbis 37.
Se potessi duettare con un cantante, chi sarebbe?
Joan Thiele. È una cantautrice italo-latina che apprezzo molto, anche lei vive a Milano, quindi magari non è così impossibile…
Concludiamo le nostre interviste sempre con questa domanda: noi ci chiamiamo DonnaPOP, e per noi il termine POP rappresenta qualcosa di attraente, accattivante, di tendenza. Cos’è per te POP?
POP per me è un contenuto che ha la potenzialità di cambiare in qualche modo, anche piccolo, la cultura di una comunità. POP è Tiziano Ferro ma anche Ennio Morricone, POP è Tarantino, POP è la pizza… Insomma qualcosa che, una volta nato, non si può più ignorare.
Ganoona è su Instagram e lo trovate qui.
https://www.youtube.com/watch?v=jkM45Dt0buk