Diletta Leotta è bella, anzi, bellissima, ma c'è anche molto altro: a Sanremo 2020, l'ha dimostrato, ma ha sopravvalutato la propria furbizia.
Diletta Leotta è bella, anzi, bellissima: togliamoci subito il dente e diciamolo senza mezzi termini e senza falsa ipocrisia. Sexy, sensuale, avvenente: quando entra in scena, i riflettori non possono che essere puntati su di lei. Ma è anche e soprattutto brava, preparata, professionale e tremendamente precisa. Fa quasi impressione la sicurezza e la padronanza con cui sta sul palcoscenico. Ma forse, a ben vedere, è il caso di dire che sia più furba che brava.
Diletta Leotta: bravura, furbizia e… ipocrisia!
Diletta Leotta è una delle vallette di Amadeus, ma ha un piglio talmente sicuro e un atteggiamento così risoluto e competente, da poterla definire – a buon diritto – co-conduttrice del Festival di Sanremo. No, la Leotta non è una che sta un passo indietro e, durante la prima puntata della kermesse, l’ha dimostrato a tutti.
Tutto è andato bene, finché non ha preso la parola e ha fatto il suo monologo sulla bellezza e sul tempo, che sfiorisce il nostro aspetto ma ci rende più consapevoli e maturi. È proprio durante il lungo racconto che la Leotta ha messo in luce tutti i suoi limiti; il discorso era improntato sull’autoironia, ma – perché l’autoironia sortisca l’effetto voluto – è necessaria una caratteristica che, ahinoi, non s’impara e non si apprende con il tempo: l’empatia.
Il senso del discorso della Leotta era questo: «So di essere bella, so di essere qui perché sono bella, so che lo pensate tutti, ma vi dimostrerò che c’è dell’altro». Il problema, tuttavia, è che non è riuscita a dimostrarlo. L’idea, tanto furba quanto – per certi aspetti – ingenua, ha ottenuto l’effetto contrario: Diletta è apparsa inadeguata nel ruolo che si è cucita addosso. In apertura del suo monologo, ha detto che la bellezza è qualcosa che capita per caso e che sua nonna le ha insegnato a non farsene un cruccio quando svanirà. Il punto è che la Leotta, classe 1991, è ricorsa più volte a ritocchini estetici, il che – va chiarito – non è un peccato né un fatto da demonizzare, ma suona quantomeno bizzarro che a parlare di rughe e accettazione del proprio aspetto sia proprio lei, che – giovanissima – è già ricorsa al chirurgo.
Una strategia perdente
Diletta, probabilmente, pensava che la strategia migliore fosse quella di giocare d’attacco, mettendo subito in chiaro di essere consapevole della propria bellezza e di averla sfruttata per arrivare al successo. Invece, è apparsa forzata, fuori luogo, inadeguata. Avrebbe potuto parlare dei pregiudizi cui va incontro una donna che legittimamente ricorre alla chirurgia estetica, avrebbe potuto parlare della schiavitù della perfezione, invece ha scelto di ricorrere a femminismo e buoni sentimenti d’accatto.
Diletta Leotta ha sopravvalutato la propria furbizia, ma non ha messo in conto il fatto di non essere empatica. Un limite, questo, che si è palesato in tutta la sua prepotenza e ha rovinato la sua grande occasione sul palco dell’Ariston. Indubbiamente preparata, bella e determinata, Diletta ha sopravvalutato se stessa oppure ha sottovalutato il pubblico. Peccato, un’occasione giocata male.
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